lunedì 1 aprile 2013

I SAGGI? MOTORE DI RISERVA PER ARRIVARE AL 15 APRILE

di Massimo Colaiacomo

     Con la nomina dei 10 saggi, e l'incarico ad essi di formulare proposte per il programma di governo e le riforme istituzionali, il presidente della Repubblica ha messo in campo l'ultima risorsa che la fantasia politico-istituzionale consente al presidente della Repubblica nell'attuale ordinamento costituzionale. Napolitano, sia chiaro, non ha fatto nessun golpe come strillano i giornali vicini al centrodestra. Altrettanto chiaro deve essere che l'elasticità minima prevista dalla Costituzione è stata spinta ben oltre i limiti previsti dalla stessa Costituzione. Il concetto di "congelamento", affacciato da qualche opinionista con riferimento alla prorogatio del governo Monti è una metafora troppo educata per descrivere il corto circuito provocato al sistema parlamentare e costituzionale.
     Non passa, e mai può passare, l'idea che un Parlamento, eletto il 25 febbraio, non essendo in grado di esprimere una base parlamentare di maggioranza, perde perciò il diritto a votare la fiducia a un esecutivo o a rinnovarla all'esecutivo guidato da Monti. Questo è, di fatto, un congelamento delle prerogative parlamentari da parte del presidente della Repubblica. Poi, tecnicamente, si deve discutere la differenza fra la sospensione di quei diritti o la loro confisca da parte di un potere previsto dalla Costituzione nel ruolo arbitrale.
     Il paradosso è evidente: Napolitano ha agito nel rispetto pieno della Costituzione. Ha ascoltato le forze parlamentari ed esplorato, come è suo preciso dovere, le vie possibili per la nascita di un governo con una maggioranza parlamentare certa se non solida. Non è i uscito nel suo intento. Egli è nel semestre bianco, quindi nell'impossibilità costituzionale di sciogliere il Parlamento. Quali altre strade poteva imboccare, a parte le sue dimissioni? È cosa sarebbe stato dell'Italia e del suo debito pubblico (e quindi dei risparmi degli italiani) lunedì Primo aprile quando, alla loro riapertura, i mercati si fossero trovati davanti un Paese decapitato sul piano istituzionale, con un goveno prorogato e da nessuno voluto e un Parlamento paralizzato dai veti delle tre principali minoranze?
     Non è dato sapere, mentre questa nota è in fase di elaborazione, quali sentimenti si agitano nell'animo degli italiani costretti probabilmente a passare la Pasqua più amara e ansiosa degli ultimi decenni. Certo è che domani, lunedì Primo aprile, un primo verdetto dai mercati dovrà venire e non sarà, come molte cose lasciano prevedere, un giudizio positivo. Sono circostanze drammatiche quelle che hanno spinto Napolitano, contro la sua volontà di custode leale e fermo della Costituzione a sfiorare il limite estremo della stessa.
     Cm la decisione di incaricare i saggi Napolitano ha dunque compiuto una duplice azione, contraddittoria quanto si vuole ma ineluttabile: ha denunciato, da un lato, la crisi irreversibile di tenuta del sistema e, dall'altro lato, ha cercato di porvi un rimedio temporaneo. L'ha tamponata ma certo non risolta, non avendone gli strumenti. Essi sono nelle mani del Parlamento e dei partiti che lo esprimono. E questo è un ulteriore elemento di complicazione laddove dovrebbe essere la soluzione. In nessuna democrazia occidentale si è mai assistito a uno scontro aspro e all'ultimo sangue come quello ingaggiato dal Pd contro il PdL. Il muro di pregiudiziali innalzato dai vertici del Pd, e assecondato da un'opposizione interna che solo adesso sembra scuotersi dal torpore, è stato ricambiato con la stessa moneta da Silvio Berlusconi. Entrambi - Bersani e Berlusconi - paralizzati dal potere di veto esercitato dai "grillini" attraverso la mobilità funambolica del loro leader. Grillo gioca agevolmente di rimessa, cosa che i suoi avversari gli rendono estremamente facile.
     L'incartamento del quadro politico non lascia intravvedere soluzioni a portata di mano. Ogni minima forzatura, del Pd verso il PdL o viceversa, rischia di tramutarsi in una spallata a una legislatura che sembra morta in culla. Da qui al 15 aprile è comunque cambiata l'agenda dei partiti: l'accordo da ricercar è ora sul Quirinale. Da come esso sarà trovato, sempre che un accordo sia trovato, sarà agevole capire se ci sarà un governo o se invece si precipiterà verso nuove elezioni. A questo punto possibili anche a luglio, con vantaggio di Bersani e Berlusconi perché costringeranno Matteo Renzi a rimanere sugli spalti.

Nessun commento:

Posta un commento