venerdì 19 aprile 2013

PRODI ANTI-CAV E FILO-PD? ASPETTARE E VEDERE

di Massimo Colaiacomo

     Scrivevo, sabato 16 aprile, della determinazione e della tenacia con cui Prodi era pronto a scombinare la rosa dei candidati di Pierluigi Bersani. Saltato il petalo di Franco Marini, gli altri, infatti, cadranno da sé. Per ovvie ragioni: Bersani è stato delegittimato dal suo stesso partito nelle votazioni di ieri; Matteo Renzi ha in pugno il Pd, anche se deve accelerare la presa del potere prima che il partito si dissolva; la piazza internettiana ha stravolto la democrazia in Italia, distruggendo il concetto di rappresentanza parlamentare; gruppi di facinorosi e violenti intorno al Parlamento hanno la facoltà di intimorire parlamentari vili e per nulla motivati nel loro incarico se non dalla ricca indennità mensile.
     E' un paesaggio di macerie quello che si presenta agli italiani quando questa mattina, alle 10, il Parlamento tornerà a riunirsi per la terza votazione sul presidente della Repubblica. Fra le macerie, si sa, c'è sempre cibo per gli avvoltoi. Bersani ha deciso di salvare se stesso e il Pd proponendo la candidatura di Romano Prodi. L'Italia viene dopo. Primum vivere. Bersani non ha chiaro, però, che cosa esattamente egli porti in salvo.
     Il calcione rifilato al metodo della condivisione con Berlusconi promette, è vero, di ricompattare il Pd e di salvare, per il momento, la segreteria di Bersani. Ma è anche vero che privandosi della sponda con il Cavaliere, Bersani ricolloca il partito in un campo della sinistra squassato e reso irriconoscibile dal grillismo. Da questo momento il Pd diventa il partito più liquido d'Italia e soltanto la corsa verso le urne, già a giugno o a luglio, può salvarlo dalla dissoluzione. Se dovesse mancare questo traguardo, Matteo Renzi sarebbe inghiottito nel grande inceneritore del grilliamo. Ha giocato una partita temeraria, la sta vincendo ma una sola mosa sbagliata e quello che sembra l'Eden diventerà un inferno anche per lui.
     Berlusconi si prepara alla sconfitta sulla partita per il Quirinale, anche se non ancora chiusa. Il Pd si è ricompattato su Prodi, Bersani ha salvato il partito, ma lo aspetta un percorso di guerra, e impossibile, per la formazione del governo. Le larghe intese saltate sul Quirinale sono un duro colpo alle chances bersaniane di formare il governo. Grillo, è vero, si acconcerà a votare Romano Prodi, ma sul governo? Quali prezzi e quali estorsioni sul programma imporrà a Bersani per fargli avere qualche voto con il contagocce? E se rimane fermo il "no" grillino alla fiducia, come farà Bersani a superare le forche caudine del Senato dove i numeri gli sono contro?
     Matteo Renzi, l'altro protagonista della partita al Quirinale, si prepara a votare Prodi con grande soddisfazione. La ragione può essere una sola: rappresentando Prodi il "vecchio", né più né meno come Franco Marini, il professore agli occhi del sindaco ha un pregio che mancava a Marini, vale a dire "non stabilizza" il quadro politico come avrebbe fatto l'ex sindacalista. Prodi ha l'ostilità dichiarata di Berlusconi e del centro-destra e quindi Bersani (?) deve scontare un'opposizione vigorosa in Parlamento. Il governo Bersani vedrà la luce, se mai la vedrà, per qualche settimana prima di precipitare il Paese verso nuove elezioni. Se, invece, Prodi vuole distruggere tutto, allora non affida l'incarico a Bersani e chiama una personalità terza ed europeista per formare un governo di durata. A quel punto il giovane e scalpitante Renzi uscirà sconfitto irrimediabilmente. 
     Il Cavaliere sbaglierebbe a dare tutto per perso. Prodi è personaggio imprevedibile. Di sentimenti forti e di intelligenza sopraffina (leggi: diabolica). Ha solidi agganci in Europa, in Cina (a proposito: l'agenzia cinese Dagong perde il suo partner europeo) e negli Stati Uniti. Non puà permettersi troppi svolazzi e scivolate con governi antieuropei. Grillo lo voterà, ma se pensa di potersi permettere incursioni sul terreno dell'antieuropeismo troverà pane per i suoi denti. E' facile immaginare che Grillo voterà Prodi, per meglio staccare il PD dal PdL e poi infilzare Bersani a suo piacimento. Ma lo stesso Prodi, tempo qualche settimana, diventerà il bersaglio preferito da Grillo. Pronto a scommettere.
     L'Italia è una Repubblica alla deriva. Chi pensa o ragiona di riformette finge o davvero non ha capito la vastità della crisi di sistema. Da una condizione simile si esce soltanto con riforme di sistema come può essere la Repubblica presidenziale.

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