mercoledì 25 luglio 2018

IN AUTUNNO LA PARTITA DECISIVA PER IL GOVERNO E PER L'ITALIA


di Massimo Colaiacomo

     Non basta denunciare la confusione in cui si muove il governo per certificare l'esistenza in vita delle opposizioni. Il paradosso dei sondaggi è tutto qui: il caos in cui operano Matteo Salvini e Liuigi Di Maio è sotto gli occhi di tutti, ma i consensi dell'opinione pubblica sono in forte aumento per entrambi i i leader. Gli italiani confidano che qualcosa di diverso - non di meglio, ma di diverso - alla fine può essere prodotto da M5s e Lega più di quanto abbiano saputo fare i governi e le maggioranze dei partiti tradizionali.
     La campagna elettorale permanente in cui Salvini ha immerso l'Italia sulla questione dell'immigrazione è riuscita fin qui a monopolizzare le attese e le speranze di quanti credono che molti se non tutti i problemi derivano dall' "invasione" delle ondate migratorie. A Salvini va riconosciuta una grande abilità mediatica. Dietro la cortina fumogena dell'immigrazione, Lega e M5s hanno potuto nascondere il fallimento delle loro promesse elettorali, impossibili da attuare senza violare tutti i parametri europei e, soprattutto, senza esporre il Paese a una nuova ondata speculativa sul debito pubblico.
     Si spiega così l'avvio di una campagna di pressione sul ministro dell'Economia, Giovanni Tria, finito nel mirino di Lega e M5s a causa della sua ortodossia "europeista" vissuta dai due leader politici come un ingombro al dispiegamento dei loro programmi. La sfida, e i limiti del populismo, sono tutti qui: l'idea di far coincidere le promesse elettorali con i programmi di governo al punto da ritenerle realizzabili al di là e al di fuori di ogni vincolo. Una visione prometeica tipica di chi si illude, una volta spezzate le "catene" dell'Europa, di poter volare liberamente e riguadagnare d'un colpo la crescita economica, l'occupazione e il benessere di un tempo.
     Una visione ingenua e insieme estremamente pericolosa, suicida, quasi. L'idea che sia l'Europa a impedire la rinascita economica dell'Italia significa ignorare che i veri giudici non sono quelli di Bruxelles, ma le migliaia di operatori finanziari che ogni giorno negoziano i titoli del debito pubblico, con un occhio all'andamento del deficit e del debito, e pronti a prezzare il livello di rischio dopo ogni provvedimento del governo. Salvini e Di Maio sanno, anche se fingono di non sapere, che la loro scommessa su reddito di cittadinanza e flat tax è persa in partenza. Viene da domandarsi come sia possibile pensare di smontare le politiche populiste solo annunciate ma non ancora realizzate con un'opposizione altrettanto populista e destinata perciò a essere opposizione ancora a lungo.
     Si prenda il caso di Forza Italia, un partito che i sondaggi vedono ogni giorno più esangue. Rimproverare a Salvini di non aver ancora realizzato la flat tax è una critica legittima e un modo spicciolo per cercare di mettere in difficoltà la Lega. Ma questo significa anche sfidare il governo a presentare un piano di taglio delle tasse e ad appoggiarlo. È pura follia. Meglio, molto meglio allora, l'idea di Antonio Tajani - con Brunetta gli unici rimasti a pensare qualcosa di politico in quel partito - che sfida l'esecutivo a sforare sì il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil, ma semmai per cancellare i 90 miliardi di debito della P.A. verso le imprese. In sostanza, è la tesi di Tajani, si faccia debito ma se questo serve per cancellare un debito più vecchio. Fuori da queste idee, Forza Italia è davvero un partito reso acefalo dalla "botta" del 4 marzo e il personale politico che la rappresenta in Parlamento non sa staccarsi dalla propria mediocrità, essendo ogni parlamentare impegnato a non urtare Salvini nel timore di non vedersi ricandidato. E il comportamento tipico di chi si arrende senza combattere.
     Manca, con ogni evidenza, un ricambio all'attuale maggioranza ma non tanto in termini politici quanto in termini di ceto politico che sia un minimo adeguato e temprato ad affrontare i gravi problemi del Paese. Manca, cioè una élite politica capace di assumere sulle proprie spalle la responsabilità di governo del Paese avendo una visione lunga e le soluzioni credibili.