martedì 26 marzo 2013

BERSANI CON IL FIATONE MA META MENO REMOTA

di Massimo Colaiacomo

     Titolavo l'ultimo post, sabato 23 marzo: "Bersani riesce se Berlusconi non esce". Con l'ovvio riferimento a un'uscita di scena del Cavaliere dal tavolo principale, la scelta del successore di Napolitano, dal quale non può accettare di essere escluso pena una ignominiosa ritirata dalla scena politica. Bersani mostra oggi, martedì 26 marzo, di aver ben capito quel che già sapeva: per conquistarsi la riuscita del suo tentativo deve allargare e coinvolgere il più possibile il PdL nella partita del Quirinale. Non solo: deve contrattare in qualche misura alcune posizioni chiave del suo esecutivo, a cominciare dal titolare della Giustizia. E' poco? E' tanto quel che viene chiesto a Bersani?
     Prima di procedere, proviamo a disporre le tessere del puzzle sul tavolo. Proviamo anche, però, a considerare gli inconvenienti che un fallimento di Bersani avrebbe nel PD ma anche nel PDL. E non si tratta di inconvenienti irrilevanti.
     Le tessere del puzzle sono tante, ma guardiamo a quelle più importanti. La spaccatura del PD: Bersani non ha le spalle coperte da un partito compatto. Il PD è percorso però da divisioni che possiamo definire mobili, nel senso che il fronte dei favorevoli e dei contrari all'incarico di Bersani è fluido e risente dell'andamento dei colloqui con le delegazioni dei partiti e, in particolare, della strategia del PDL che punta, almeno così lascia apparire Berlusconi, sul voto anticipato.
     Il PDL è compatto sulla posizione del Cav. Qual è esattamente? E' una posizione oltranzista, come sempre accade quando ci si deve sedere al tavolo negoziale. Nessun buon negoziatore si presenta con il ramoscello d'ulivo, ma siede al tavolo minacciando tuoni e fulmini per strappare il massimo delle concessioni e chiudere positivamente l'accordo. Il negoziatore che si presenta con richieste minime e ragionevoli, vuol dire che non intende trattare: o si vede soddisfatto nelle sue richieste oppure è pronto alla guerra.
     Se la logica della diplomazia ha ancora un senso, Berlusconi è un fior di diplomatico.


BERSANI-CAV DIVISI SU TUTTO MA UNITI CONTRO LO STESSO NEMICO: RENZI

     C'è una paura che avvicina Berlusconi e Bersani. Non è ancora chiaro se essa, nei calcoli delle convenienze, sia forte abbastanza da indurli a modificare le loro strategie. Quella paura ha il profilo del sindaco di Firenze. L'ombra di Matteo Renzi è il vero deuteragonista, come nelle tragedie greche, che si muove a fianco di Bersani. Renzi lo sostiene lealmente, e c'è da credergli. Non ha mai giocato in modo ambiguo la lunga sfida delle primarie e con la stessa trasparenza si sta muovendo sul terreno fangoso del tentativo di Bersani. La lealtà, in questo caso, non è soltanto una qualità morale ma anche un calcolo politico. Come non ricambiare con la stessa lealtà un eventuale e, al momento, ipotetico incarico a Matteo Renzi?
     Non è a lui, ovviamente, che Bersani pensa di passare il testimone in caso di fallimento. Ma il nome di Renzi, nel bene e nel male, fa parte della rosa dei possibili premier. E' più temuto, però, di tutti gli altri possibili candidati. Per una ragione semplice: se la ruota dovesse fermarsi sul nome di Renzi, in un sol colpo vent'anni di storia politica e una generazione di politici non esattamente esaltante verrebbero spazzati via.
     Renzi a Palazzo Chigi potrebbe entrarci ma soltanto per pochi mesi. Il tempo necessario per affacciarsi sul Paese, chiedere e ottenere lo scioglimento del Parlamento e presentarsi candidato per il Pd, senza bisogno di primarie a quel punto inutili. E un candidato di 38 anni sarebbe un deterrente troppo forte per una vecchia volpe come Berlusconi: volpe, ma vecchia.
     Renzi è la personificazione delle paure che attraversano i calcoli di Berlusconi e di Bersani. Per esorcizzare questo scenario, non l'unico possibile, sia chiaro, e neanche quello di più immediata realizzazione in caso di fallimento di Bersani,  la strada più sicura è consentire al segretario del Pd di portare a termine il suo incarico. Con le cautele e le garanzie, di cui si diceva all'inizio, irrinunciabili  per Berlusconi. 

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