martedì 18 dicembre 2018

UN PARTITO DEI CATTOLICI NON FA BENE AI CATTOLICI


di Massimo Colaiacomo

     Il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Gualtiero Bassetti, in una lunga intervista  ad "Avvenire" del 9 dicembre è tornato con vigore sulla necessità per i cattolici di tornare a un impegno diretto sulla scena politica. A scanso di equivoci, e contro ogni possibile lettura strumentale, Bassetti ha spiegato che compito della Chiesa è solo quello di annunciare Gesù Cristo, ma che è "auspicabile un impegno concreto e responsabile dei cattolici in politica (...) è un impegno che spetta senza dubbio ai laici. Laici che, però, non solo devono essere adeguatamente formati nella fede, ma sono chiamati ad assumere come bussola dei loro comportamenti quella 'visione martiriale' della politica evocata da papa Francesco. La politica per i cristiani non è il luogo per fare soldi o per avere il potere. È all'opposto il luogo del servizio, di chi non si lascia corrompere e del martirio quotidiano. Come pastore ho il dovere di ricordare e suggerire ai laici di servirsi di quel tesoro prezioso che è la Dottrina sociale della Chiesa. Un tesoro a disposizione dell'umanità intera, ma che non è ancora stato compreso appieno".
     Si tratta di affermazioni impegnative, di grande valore etico e sociale, che non sconfinano, come si sono affrettati a chiosare alcuni critici, nell'esortazione a ricostituire un partito cattolico. Per la semplice ragione che in Italia non è mai esistito un partito "di raccolta" dei cattolici. Non lo fu la DC, almeno nell'incarnazione degasperiana. Il leader politico, da anni in attesa di beatificazione, amava ricordare che la DC doveva essere un partito "di" cattolici e mai "dei" cattolici. Con ciò prefigurando una traiettoria di impegno vigoroso sui valori etico-sociali senza mai mettere il dato di fede avanti a tutto. Alcide De Gasperi operava in una realtà profondamente diversa e dopo aver fissato nell'art. 7 della Costituzione il rango privilegiato dei rapporti fra Stato e Chiesa cattolica ritenne, proprio per questa ragione, di aver guadagnato spazi di manovra in una società italiana che si voleva laica nelle sue ragioni di fondo.
     Oggi i cattolici sono chiamati a una sfida completamente nuova, in una società ormai secolarizzata e con l'accresciuta tendenza a "relativizzare" i valori etico-sociali. Si prenda la famiglia: l'uso del singolare è rimasto soltanto nella Costituzione, negli articoli dal 29 al 31. "La Repubblica - sancirono i costituenti all'art. 31 - agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo". Si badi bene ai verbi: agevolare "la formazione della famiglia" e "proteggere" la maternità. Che cosa è transitato di questi principi nella legislazione attuativa e ordinaria? Poco, dirà qualcuno. Niente, si può dire con uno sguardo più onesto. Quando i cattolici si sono impegnati in un'azione di contrasto sul terreno dei diritti civili, hanno registrato sconfitte pesanti e laceranti per la stessa comunità cattolica. Perché il contrasto al relativismo è stato quasi sempre giocato sul terreno della politica e poco o niente sul terreno della formazione e dell'educazione dove invece la Chiesa avrebbe avuto le carte migliori da spendere. Amintore Fanfani, nel 1974, si assunse la responsabilità dell'ultima crociata "clericale" in un'Italia sulla via di una rapida secolarizzazione e portò la DC a una sconfitta storica, sul piano sociale prima ancora che sul piano politico. All'opposto di Alcide De Gasperi, Fanfani caricò sul partito responsabilità che non gli competevano. Il contrasto al divorzio esigeva allora, ed esige oggi, politiche di sostegno economico alla famiglia, di tutela sociale per l'infanzia e la gioventù. Il contrasto al divorzio o all'aborto non si realizza istruendo crociate fuori luogo e fuori tempo, ma si costruisce attraverso una legislazione mirata a costruire una rete di protezione e di incoraggiamento per la maternità, per l'educazione dei figli. Insomma, è una Chiesa più inserita nella società quella che può modificare i comportamenti collettivi e individuali, aggiustare la bussola etica delle persone.
     L'unico partito sulla scena europea che si muove con prudenza e determinazione sulle questioni etico-sociali sembra essere oggi la CDU di Angela Merkel e, si può immaginare, della sua erede designata Annegret Kramp-Karrenbauer. Il testimone del comando passerà da una leader protestante a una leader cattolica. AKK, come è stata ribattezzata dall'informazione, si presenta come una personalità tranquilla, forse un po' scialba, ma ha manifestato sempre idee molto nette su diverse questioni etiche e sociali. E c'è da scommettere che nessuna battaglia, per quanto ardimentosa sul fronte dei grandi valori, intaccherà la natura profondamente laica della CDU. La politica ha strumenti di straordinaria efficacia per contrastare la deriva relativistica mascherata con l'affermazione dei "diritti positivi". Incoraggiare la maternità con forti assegni per i bimbi che nascono; depotenziare l'eutanasia aprendo con forza alla ricerca scientifica e alla terapia del dolore; tutelare il matrimonio con politiche di sostegno economico alla famiglia o potenziando il diritto all'abitazione. La politica può restituire "valore" alla vita accettando e ribaltando la sfida della sua mercificazione. Per fare questo non serve un partito cattolico. Quando il Popolo della famiglia presenta sue liste alle elezioni per raccogliere l'1% non ha reso un servizio né alla famiglia né alla comunità cattolica. Fors era reso un servizio a qualche leader. Ma questa è un traguardo che a un buon cattolico non dovrebbe mai interessare.