sabato 20 aprile 2013

GRILLO HA VINTO, MA CON ELEZIONE DIRETTA CAPO STATO SCOMPARIRA'

di Massimo Colaiacomo

     Un istante prima che il sistema politico finisse nel baratro e un secondo dopo l'evaporazione del Partito democratico risucchiato nel web grillino, Giorgio Napolitano ha fatto il passo da tutti richiesto e da tutti atteso. Si ricandiderà per un nuovo mandato (che soltanto una bifolca ignoranza immagina a termine: lo sarà per volontà del presidente e non perché sia scritto da qualche parte della Costituzione) e, al momento, toglierà la castagne dal fuoco a un sistema politico altrimenti impazzito.
     Napolitano è stato, come sempre, di esemplare chiarezza con i suoi interlocutori. Da tutti loro si attende ora "una collettiva assunzione di responsabilità". Che cosa significano queste parole? Accettando la sua ricandidatura, Napolitano ha in qualche modo tracciato il bilancio dei drammatici eventi di questi giorni culminati nella paralisi del Parlamento e nell'impotenza dei grandi elettori di trovare una forma di accordo per eleggere il suo successore.
     Dal paesaggio di macerie lasciato dai partiti e, in particolare dalle acrobazie suicide del PD e della sua ruling class, deve emergere quella spinta riformatrice inutilmente cercata nei 13 mesi del governo tecnico. Significa che il piatto forte del prossimo esecutivo devono essere le riforme "di sistema". Che non sono, come vuole far credere il populismo da tre palle e un soldo dei grillini, la riduzione del numero dei parlamentari o la riduzione delle loro indennità. Vanno bene anche queste cose, certo. Ma altre è più alte sono le riforme necessarie per rimettere in sella la periclitante Repubblica. La prima e più urgente riforma deve rispondere alle due questioni che Norberto Bobbio, in un libriccino di metà anni '80, indicava come i parametri per misurare la salute di una democrazia: chi comanda? e sulla base di quali procedure?
     Ecco: chi comanda in Italia? A una domanda simile avremo sicuramente una risposta univoca e chiara se rivolta a un inglese o a un tedesco o a un francese: Cameron, Merkel, Holland. Se la rivolgiamo ai cittadini italiani avremo decine di risposte diverse: Napolitano, Monti, le banche, i magistrati, Grillo, i poteri forti ecc. Questo è il nodo gordiano che va tagliato con una riforma incisiva della Costituzione per ricreare una fonte dell'autorità pubblica che sia riconoscibile e da tutti riconosciuta. Il presidenzialismo secondo il modello francese è la sola e unica via da percorrere. Fatto questo tutto il resto ne discende. E fatto questo la protesta anti-sistema si sgonfia, evapora come certi brutti sogni svaniscono con la luce dell'alba.
     La vicenda del Quirinale si avvia a conclusione nel modo peggiore per la credibilità della politica e nel modo migliore per l'Italia. La disponibilità di Napolitano per la sua riconferma è la notizia che salva l'immagine del Paese sulla scena internazionale ma è anche il campanello dell'ultimo giro per un ceto politico ormai consunto. Il PD esce a pezzi e in una crisi identitaria per la quale non si intravvedono al momento vie d'uscita che non portino alla scissione di quel partito, con una parte consistente di fatto conquistata allo spirito del grillismo. Si tratta di quella fetta di giovani, turchi o cinesi poco importa, sprovvisti di una solida cultura repubblicana e politica. Personaggi fragili e improvvisati (valgano per tutti i nomi di Civati e Orfini), la cui cultura è un cocktail di wikipedia e twitter. Poca o nulla conoscenza della storia repubblicana, poca o nulla passione per le istituzioni ma solo ed esclusiva attenzione alle "pressioni del web" e della "piazza". Chi ha portato personaggi simili in Parlamento? Chi si è caricato di questa responsabilità non meno grave del duplice character assassination di due personalità quali Marini e Prodi?
     La riconferma di Napolitano è la medicina indispensabile in questa ora drammatica ma è anche il sintomo del crollo di un ceto politico impotente a individuare e votare un successore. Non si invochi il grillismo come causa. No, tutt'al più è un alibi. La causa vera è nella caduta di passione civile e istituzionale di una ruling class esangue, denervata. Invece di trovare una soluzione politica alta, come sarebbe stata l'elezione al Quirinale di un politico a tutto tondo quale Massimo D'Alema, il Pd è rimasto invischiato nella rete della retorica grillina. Con Bersani che un giorno cercava il candidato condiviso, il giorno dopo il candidato di rottura. Tante virate senza spiegazione alcuna hanno scosso il fragile albero di un partito che si è ritrovato in 36 ore senza più una direzione di marcia. Mezzo con Grillo e mezzo riformista. Mezzo animato da esprit republicain e mezzo irretito dalla furia distruttrice di un comico da quattro soldi che ha in programma di aprire il Parlamento come una scatola di tonno senza che da un parlamentare uno fosse venuta una replica dignitosa. No, niente.
     Grillo, vero vincitore politico di questa tornata, ha ora la strada spianata per ingoiare il PD. Lo ha distrutto in pochi giorni, aiutato anche dal sentimento di cupio dissolvi che si respira da quelle parti. Bersani si è confermato un politico inadeguato, con venature macchiettistiche e indecorose per chi doveva trovare una soluzione per la più alta magistratura della Repubblica.
     Il governo che verrà, si presume di intese più larghe possibili, deve essere retto da personalità capaci di guardare oltre la prossima ora. Non può essere tecnico ma deve essere politico al più alto grado. E riformare la Costituzione cancellando non poche delle cose vecchie (sono la maggior parte). A cominciare dal vergognoso art. 1 che fonda, unico caso in una democrazia occidentale, la Repubblica sul lavoro. Laddove le Repubbliche sono nate e godono di vita rigogliosa in quanto fondate sulla libertà, sui diritti delle persone alla vita, alla felicità. Una vergogna tutta e soltanto italiana che, c'è da augurarsi, sia cancellata una volta per sempre.
     La partita si gioca tutta nel perimetro delle riforme di sistema e il Porcellum è soltanto un capitolo. E' nella Costituzione che le forze politiche devono affondare le mani per rivoltarla da cima a fondo. Senza timori, con grande prudenza e saggezza ma avendo sempre chiaro il punto d'approdo: il potere esecutivo scelto direttamente dal popolo. Una ricetta semplice per consolidare la Repubblica ma efficacissima per sconfiggere e piegare all'esprit republicain gli estremismi di ieri e di oggi. E impedire quelli di domani.

Nessun commento:

Posta un commento