domenica 31 luglio 2016

L'ALTRA VIA DI PARISI PER SALVARE IL BIPOLARISMO


di Massimo Colaiacomo


     La palude della politica italiana ha inghiottito molti aspiranti leader, nonché qualche premier sprovvisto del passo giusto (Enrico Letta) o fulminato sulla via della politica dopo averla sempre evitata (Mario Monti).  Diverso è il caso di Matteo Renzi il quale si è preso prima il partito, cosa che non fu possibile al suo predecessore, quindi ha neutralizzato un mancato premier (Pierluigi Bersani) prima di entrare a palazzo Chigi, eletto dal Parlamento nel più scrupoloso rispetto della norma costituzionale.
     Sulla strategia di Renzi e sulla sua capacità di attirare, sia pure in minima parte, i voti dell'area moderata, è stato scritto molto e talvolta con acutezza di analisi e solidità di argomenti. Molto resta invece da capire sulla strategia che vorrà mettere in campo Stefano Parisi, leader in pectore di un centrodestra che promette di presentarsi agli elettori in una veste completamente diversa da come l'abbiamo fin qui visto e conosciuto. Parisi è il prescelto di Berlusconi e, in questa veste, contestato più o meno rumorosamente da quel manipolo di colonnelli in attesa da anni dell'eredità del leader che rischiano ora di vedersi scippata dall'ultimo arrivato. Le cose appaiono così, almeno stando alle cronache, ma poco si conosce sulle motivazioni che hanno spinto Parisi ad accettare alcune cose e a rifiutarne altre, di fatto sottraendosi a un'investitura piena da parte di Berlusconi. Il che dovrebbe renderlo debole nei confronti dei colonnelli, ma potrebbe anche, guardando le cose da un altro punto di vista, renderlo forte e micidiale per la sopravvivenza di un ceto politico esangue.
     Parisi, come si sa, ha rifiutato il ruolo di coordinatore di Forza Italia, cioè di gestore di un partito in disarmo diventato con il tempo una ridotta di malumori e di rancori sempre pronti a esplodere. Forza Italia è un osso di seppia, senza una strategia politica, in balia del radicalismo leghista se è vero che subisce ogni giorno i continui aut aut di Salvini: o con me o contro di me. Con Salvini, ovviamente, si ritrovano tutti quei colonnelli sprovvisti di consensi personali (Toti, Romani, Brunetta, Matteoli), si smarcano nel segno della prudenza quegli altri colonnelli, come Mariastella Gelmini o Antonio Tajani, che possono disporre di un personale e autonomo gruzzolo di voti e si candidano per questo a essere i garanti del berlusconismo in una stagione che vedrà Berlusconi defilato.
     Uno sguardo dentro la Lega è utile per capire come il solo apparire di Parisi ha sollevato il coperchio su una pentola in ebollizione. Con Roberto Maroni che non solo prende le distanze dalle sciabolate di Matteo Salvini contro Parisi, ma si ritiene incuriosito dalla strategia che il candidato leader metterà in campo. In genere, tutti gli ex delfini o aspiranti delfini di Berlusconi (Alfano, Fitto) guardano Parisi in tralice e mettono paletti perché hanno intuito che proprio il rifiuto di Parisi a essere coordinatore di Forza Italia gli concede una libertà di azione sul programma e sulla strategia che non avrebbe potuto avere come coordinatore di un partito. L'ex candidato sindaco di Milano procede con cautela ma anche con speditezza: ripulisce il terreno dalle erbacce cresciute in anni di sopore politico e ha cominciato a recintare uno spazio che si richiama in modo non generico al liberalismo popolare europeo.
     Gli avversari di Parisi dentro Forza Italia non hanno munizioni sufficienti per una lunga resistenza. Possono contare sulla sponda di Salvini la cui leadership, però, comincia a conoscere le prime aperte contestazioni dentro la Lega. Quando si chiede a Parisi di lavorare per una chiara alternativa a Renzi, l'interessato risponde senza esitazioni: dobbiamo lavorare per questo, ma non semplicemente ripetendo che siamo alternativi a Renzi, bensì spiegando su quali punti lo siamo e con quali programmi daremo risposte all'immigrazione, alla disoccupazione, al terrorismo. Prima viene la definizione delle cose da fare, poi le alleanze da costruire per farle. È l'altra via che Parisi ha scelto di intraprendere e che lo porterà ineluttabilmente a scontrarsi con Salvini e Meloni alla sua destra mentre aprirà un "open disagreement" con Renzi, nella prospettiva di irrobustire il ruolo di opposizione di Forza Italia ma rendendone ben visibile il profilo di opposizione responsabile. È una navigazione difficoltosa quella che Parisi ha scelto di intraprendere, per richiamare alle urne quei milioni di italiani disamorati  della politica e in particolare della politica rappresentata dal centrodestra. Che ci riesca è prematuro da dire. Ma è altrettanto innegabile che ci sono oggi le condizioni per riuscire laddove Berlusconi non può più farlo.