mercoledì 21 maggio 2014

OGGI IN SPAGNA DOMANI (FORSE) IN ITALIA


di Massimo Colaiacomo

    I movimenti dello spread sono paragonabili al campanello che il paziente sul letto d'ospedale suona per richiamare l'attenzione del medico, cioè la politica. In questa fase, però, non ci sono medici di turno e l'unico presente si limita a rassicurare il paziente: non abbia timori, si rilassi e stia sereno e tutto andrà a posto. In casi simili, ci sono due possibilità: tutto, come dice il medico, può andare a posto oppure il paziente si aggrava con ciò denunciando la sottovalutazione dei suoi problemi da parte del medico.
     La risalita del differenziale dei rendimenti fra Btp e Bund può essere, come sostiene il ministro Padoan, un rimbalzo atteso dopo la discesa ininterrotta che lo ha condotto da 200 a 150 punti base. Oppure può essere il campanello suonato dai mercati per ricordare all'Italia che le riforme sono ancora sulla carta e la fiducia accordata al governo Renzi non è illimitata e senza scadenze temporali. Per la verità Padoan ha riconosciuto il persistere di una fragilità strutturale del nostro Paese come una delle cause alla base della brusca inversione del differenziale dei tassi.
     Il punto è da tutti conosciuto ma anche da molti occultato: vuoi per viltà politica vuoi, anche, per evitare di parlare delle riforme, ancora tutte da fare, in piena campagna elettorale. L'Italia rimane così quel Paese pericolosamente in bilico fra la speranza di una ripresa e i timori di una deriva economica e sociale senza fine. Le riforme slittano e quando si realizzano, come quella del lavoro con il decreto Poletti, sono inadeguate, timide e suscettibili di nuove e più incisive riforme. Si veda la storia delle pensioni. Quante volte sono state ritoccate dopo il 1995? E quante volte ci è stato spiegato, dopo ogni riforma, che il sistema previdenziale italiano è il più solido al mondo? Salvo, s'intende, rimetterci le mani ogni volta che gli equilibri della finanza pubblica ci ricordano la loro precarietà.
     Ha ragione ancora il ministro Padoan a osservare che lo spread ha colpito tutti i Paesi eurozone. Non aggiunge, però, un dettaglio che vale più dell'insieme: perché lo spread sui titoli italiani schizza verso l'alto con una velocità sconosciuta ai titoli spagnoli o greci?
     Si arriva così al punto della questione. Il voto europeo porta sicuramente un elemento di nervosismo, ma i debiti pubblici nazionali non sono tutti uguali e i mercati lo segnalano prezzando diversamente il loro grado di rischio. I Bonos spagnoli salgono di 10 tick, i Btp italiani salgono di 20. Significa che la percezione del rischio è maggiore nel caso italiano. Rajoy ha fatto le riforme che servivano e la Spagna ha imboccato senza esitazioni la via della ripresa. La Banca centrale di quel Paese ha previsto una crescita del Pil dello 0,8% nel secondo trimestre quando in Italia si spera di tornare a qualche decimale sopra lo zero.
     Quali considerazioni politiche si possono trarre dal confronto con la Spagna? Una su tutte: l'Italia non ha fatto nessuna delle riforme strutturali sollecitate dall'Europa ma, prima ancora, dal buon senso. Il Paese continua in una deriva civile, prima ancora che economica e sociale, e il grillismo è la sua manifestazione incistata nel corpo sociale. Dalle forze "di sistema" non è stata fin qui accennata la pur minima reazione. Una campagna elettorale condotta contro l'austerità imposta dall'Europa non è stata mai neppure sfiorata da una domanda: quale austerità? Quali piazze sono state riempite da folle schiumati di rabbia per licenziamenti nel pubblico impiego o per tagli del welfare? È accaduto, invece, in Spagna, in Grecia e in Portogallo. Paesi sottoposti a cure da cavallo dai rispettivi governi e dalla UE. Può sembrare un paradosso, ma in quei Paesi è cresciuta un'adesione alla moneta unica e all'Unione europea molto più forte che in Italia. Il Paese più europeista, quando esserlo significava fare qualche convegno o celebrare la memoria di qualche personaggio, è oggi il più euroscettico. Greci, spagnoli e portoghesi, tutti in diversa misura sottoposti alle terapie d'urto della Commissione, sono diventati, secondo i sondaggi di Eurobarometer più europeisti dell'Italia. Il ceto politico italiano dovrebbe riflettere su questa circostanza più che sullo stipendio alle casalinghe o sull'abolizione dell'Iva dal cibo per cani e gatti.

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