sabato 17 maggio 2014

DOPO IL 25 MAGGIO LA SFIDA È COLMARE IL VUOTO LASCIATO DA FORZA ITALIA

                                                          di Massimo Colaiacomo

     Il 26 maggio non si devono contare più i voti delle liste, e la guerra dei decimali combattuta nel passato questa volta sarà soltanto un episodio marginale e ininfluente. Quel giorno la politica ripartirà semplicemente guardando ai partiti che occupano le prime tre posizioni. E se dalle urne usciranno confermati i sondaggi, la classifica sarà: Pd, M5s, Forza Italia. Che cosa può significare un risultato simile? Significa che tutto è cambiato in profondità e la politica come l'abbiamo vista in questi venti anni è finita in soffitta. Significa che Forza Italia, quale che sarà la percentuale dei consensi, non ha più un ruolo politico da svolgere, nel centrodestra come nel Paese. Berlusconi, naturalmente, spera di ottenere il massimo anche se le sue speranze andranno deluse. Ha sbagliato tutto quanto poteva sbagliare in campagna elettorale. Se il punto forte sono state le dentiere per gli anziani e il cibo per cani senza Iva, è facile capire come l'ex Cav abbia raschiato il fondo del barile. È un pugile cotto. È lesso.
     Con quel risultato, Forza Italia sarà condannata alla disgregazione più o meno rapida, per poche ma valide ragioni. Vediamole.

1) con il Pd vincitore e Grillo seconda forza, il bipolarismo visto fino a oggi cambia natura. La linea di conflitto non sarà più destra-sinistra, ma sarà una più primitiva logica sistema-antisistema, cioè Pd-Grillo. Renzi non può allearsi con Forza Italia, senza perdere pezzi del Pd e scheggiare quel che resta di Forza Italia. Oltretutto, una simile scelta rafforzerebbe ulteriormente lo schema sistema-antisistema. Né Alfano, qualora dovesse superare il 4%, potrà accettare l'ingresso di Forza Italia come imposizione del Pd.

2) dopo il 26 maggio, Forza Italia perde ampi spazi di manovra in Parlamento, cui si aggiunge la perdita di rappresentanza delle vaste categorie sociali, le cosiddette "partite Iva", tenute per anni al carro del berlusconismo mai arrivato a destinazione.

3) l'Italicum sta congelato per qualche tempo ma non è detto che sarà abbandonato. Per la ragione che il secondo posto di Grillo è quanto di più provvisorio si possa immaginare. La sorte della riforma elettorale dipende in larga misura dalla velocità con cui il campo di centrodestra saprà ricostruire la propria unità o quanto meno delineare un equilibrio convincente tra le forze sopravvissute al dopo- Berlusconi o generate proprio dalla fine del berlusconismo.
     Si può osservare che svolgiamo ragionamenti costruiti attorno al "se". In questo caso, però, ragioniamo con un periodo ipotetico di primo grado, vale a dire si parla di circostanze altamente realizzabili a seguito dell'esito elettorale.
     Le insidie per il governo Renzi non vengono soltanto dal probabile flop elettorale di Forza Italia. Perché anche un cambio di strategia di Grillo, al momento imprevedibile, potrebbe rivelarsi fatale per il Pd e, di conseguenza, per il governo. Di fronte a un successo elettorale che dovesse portarlo a ridosso del Pd, Grillo potrebbe essere tentato di offrire una qualche disponibilità sulla legge elettorale o sulla riforma del Senato. Nulla che avesse a che fare con la politica di governo, è ovvio. Ma tanto basterebbe per mandare gambe all'aria lo schema fin qui seguito, costringendo Renzi a muoversi in un quadro parlamentare più ampio. Qui si parla invece di un periodo ipotetico di terzo grado perché il cambio di strategia porterebbe Grillo a rinunciare alla propria natura di partito antisistema per calarsi, anima e corpo, all'interno di uno schema parlamentare tradizionale.
     Al di là di ogni congettura, l'unica certezza è al momento il cambiamento rilevante dello scenario dopo il voto europeo. Un cambiamento che si porta appresso due conseguenze: l'irrilevanza politica di Forza Italia, al netto del residuo peso parlamentare ancora utile ma da spendere nel giro di poche settimane, prima che le spinte centrifughe dissolvano i suoi gruppi parlamentari; l'accresciuto potere di Matteo Renzi, accresciuto ma in qualche modo imballato vuoi per la perdurante diaspora del centrodestra e vuoi, almeno al momento, per la confermata natura antisistema del grillismo.

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