giovedì 22 maggio 2014

MAI COME ORA IL POTERE È TUTTO DI CHI NON VA A VOTARE

di Massimo Colaiacomo

     Gli elettori hanno il potere di scegliere i parlamentari (nelle democrazie consolidate e di antica tradizione, scelgono i governi) e decidere con il loro voto la vittoria e la sconfitta di un partito. Possono votare "contro" qualcuno, e quindi dare il loro voto a tutti quei partiti che meglio rappresentano la sua antipatia. Possono votare a favore di "un" partito e allora decadono tutte le altre opzioni. La forza di Berlusconi, e la debolezza dei suoi avversari, è consistita per vent'anni nella sua riconosciuta abilità di trasformare ogni elezione in un referendum pro o contro la sua persona. Il 25 maggio, per la prima volta, cambia la strategia di voto. Il referendum non è più sulla persona di Berlusconi, ma è sul personaggio di Beppe Grillo. Personaggio e non persona, e non per caso.
     Grillo ha conquistato il centro del ring in quanto forza antisistema, predicatore di una palingenesi partorita sul web e suscitatrice di un potente sentimento distruttivo. Quel sentimento è radicato nel Paese e in strati ampi della popolazione ma non è stato generato da Grillo. Il comico genovese ha trovato un terreno ampiamente dissodato e arato dai fallimenti inanellati dai partiti tradizionali in vent'anni di politica inconcludente.
     Quel centro del ring vuole riconquistarlo ora Matteo Renzi, avversario temibile per Grillo, ma anche ultima e disperata carta giocata dai partiti per dimostrare al Paese che la politica sa e può autoriformarsi. La linea di conflitto è tutta qui: chi crede nella riforma di "questa" politica contro coloro che ritengono irriformabile il sistema. Tutte le altre opzioni, compresa Forza Italia, sono presenze accessorie in una battaglia combatta all'ultimo voto.
     All'ultimo voto significa che le speranze di vittoria delle forze politiche e di Grillo sono nelle mani degli elettori che andranno alle urne ma sono soprattutto nelle intenzioni di quelli che non andranno a votare. La forza dei rispettivi eserciti dipende dai soldati che non marcano visita il 25 maggio. Renzi motiva il suo esercito evocando la pericolosità di Grillo. Grillo motiva le sue truppe annunciando una vittoria all'orizzonte e la fine della partitocrazia. Berlusconi deve dividere le sue truppe per fronteggiare le insidie del grillismo da una parte e, dall'altra, ingaggiare uno sfibrante punch ball con il governo. Per l'uomo abbandonato dalla Provvidenza si tratta di una tenaglia mortale capace di trasformare il voto di domenica in un giudizio di Dio.
     È in questo quadro che si inserisce il potere di voto di chi non vota. Un potere straordinario come mai prima era capitato. Si tratta di una platea che si annuncia sterminata, vicino forse alla metà degli aventi diritto. Capire le loro motivazioni sarà decisivo per ricostruire un centrodestra credibile in Italia e in Europa. Perché il centrodestra e non altre formazioni? Per la ragione semplice che il conflitto fra sistema e antisistema si gioca sul dualismo Renzi-Grillo mentre Berluconi ha scelto di rimanere sulla linea di confine sulla quale, come si sa, si prendono fucilate da entrambi i campi avversi. Il suo non è però un neutralismo attivo, è piuttosto una scelta difensiva di chi punta in questo a salvare il salvabile. Come conferma la nomina di un amministratore straordinario, figura tipica nelle società che hanno avviato una procedura fallimentare. Berlusconi si trova nella condizione del generale Lapalisse per il quale i suoi soldati cantavano "un quart d'heure avanti sa mort il était encore en vie".

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