martedì 13 maggio 2014

NESSUN CASO GEITHNER, RIMANE IL CASO ITALIA

di Massimo Colaiacomo

La ricostruzione dei fatti dell'estate-autunno 2011 da parte dell'ex segretario americano del Tesoro, Timothy Geithner, è una tempesta in un bicchier d'acqua. Rischia, invece, per il pricipio dell'eterogenesi dei fini, di sospingere con più decisione Forza Italia verso una deriva estremista e antieuropeista. Geithner non ha aggiunto nulla di nuovo a quanto già non si sapesse. Per certi versi, è più ricco di particolari il libro dell'ex premier spagnolo Zapatero.
Berlusconi non godeva di buona stampa in Europa, e non solo per la linea di politica economica alquanto ondivaga. Il personaggio, come sanno i suoi famigli e i suoi amici, ci ha messo del suo per costruire una vasta letteratura dominata dal gossip e amplificata dalla pruderie e dal moralismo bigotto dei suoi avversari. Calata la polvere su quella stagione, le questioni sul tappeto sono soltanto di natura politica. Berlusconi ha sottoscritto una serie di impegni gravosi con la Bce, con la Commissione europea e ha rifiutato il commissariamento della trojka impegnandosi a varare quelle riforme mai fatte negli anni in cui governava con un'ampia maggioranza.
In Forza Italia, piuttosto, dovrebbero porsi altre domande. Ad esempio: uscito di scena Berlusconi (o liquidato, secondo una vulgata eroica, dal complotto) i governi successivi che cosa hanno fatto di più e di diverso rispetto ai governi di Berlusconi? Poco, molto poco. È cresciuto il debito pubblico, e crescerà ancora nel 2015 fino al 134,9%, inferiore soltanto a quello della Grecia. La disoccupazione resta a livelli socialmente inaccettabili e, secondo il Def, passerà dal 12,8% di quest'anno al 12% soltanto nel 2017, con un recupero impercettibile di 0,8 punti in tre anni ben lontano dal ritorno sotto le due cifre vaticinato con spavalderia da Renzi già per il prossimo anno.
È difficile da accettare l'idea, ma nessuno esponente del ceto politico ha scelto di rivolgersi al Paese per raccontare la nuda verità: le condizioni di fondo dell'Italia si sono aggravate e i miglioramenti marginali fin qui registrati sono più l'effetto di una robusta recovery globale che non il risultato delle riforme strutturali. Il decreto sul lavoro che la Camera licenzia questa sera è una foglia di fico messa su una questione che era in cima alla lettera della Bce trasmessa il 5 agosto 2011 al premier Berlusconi. Non ci sono riforme incisive sul lavoro, né si annunciano di particolare efficacia i ritocchi nella Pubblica amministrazione in progrmma per il prossimo mese.
Il ceto politico, complice la campagna elettorale, non ha messo la testa su nessuno dei dossier decisivi per imprimere quella svolta da tutti invocata ma da nessuno mai desiderata. Dove le riforme strutturali sono state fatte (Spagna e Grecia) le piazze si sono riempite di folle schiumanti di rabbia. Riformare significa molte cose, alcune socialmente dolorose come lo sfoltimento dei ranghi della Pubblica amministrazione con il licenziamento del personale in esubero, evitando di ricorrere ai pre-pensionamenti. Significa privatizzare le circa 8000 aziende municipalizzate e, dunque, scontare anche in questo caso migliaia di dipendenti in esubero da licenziare. Significa rivedere il Sistema sanitario nazionale e prendere atto che una Nazione con 60 milioni di abitanti non può permettersi 20 sistemi sanitari quante sono le Regioni, con altrettanti apparati burocratici. Mario Monti prima, poi Enrico Letta e ora Matteo Renzi hanno appena sfiorato la copertina di questi dossier senza neppure aprirli.
Domanda: ci sarà mai un leader politico capace di riportare il Paese alla realtà delle cose? Il sospetto è che gli italiani siano più consapevoli e molto più avanti del Parlamento nella presa d'atto che è una Via Crucis quella che deve affrontare l'Italia se vuole ritrovare la via dello svilppo. Per fare operazioni simili, con costi sociali elevati, manca la materia prima: un ceto politico che non sia vile come quello visto all'opera in questi ultimi decenni e capace di caricare sulle proprie spalle la responsabilità di queste operazioni. Mariano Rajoy lo ha fatto in Spagna negli ultimi due anni e i risutlati si vedono. La sua riforma del lavoro con la flat tax che consente alle imprese di assumere giovani con un costo del lavoro lordo di 1250 euro mensili e un netto di 1000 euro per il lavoratore è un bell'esempio di come si fanno le riforme.
Se, invece, il ceto politico italiano pensa di porre le basi dello sviluppo acquistando dentiere per gli over 70 o aumentando le pensioni minime a 1000 euro, si torna alla domanda iniziale: contro Berlusconi ha complottato l'Europa, la Spectre, o vale per lui il celebre verso di Gregory Corso "America today is America greatest threat". Ecco, togliere America e scrivete Berlusconi o Renzi o 

 

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