mercoledì 28 dicembre 2016

LA LEGGE ELETTORALE E L'AMBIGUITÀ DEL TRIPOLARISMO

In quale polo si collocano Berlusconi e Forza Italia? 

di Massimo Colaiacomo


     In attesa della sentenza della Corte costituzionale prevista per il 24 gennaio, le forze politiche cominciano a incrociare il fioretto sulla legge elettorale, pronte, dal 25 gennaio, a incrociare la sciabola ove la Consulta dovesse intervenire sull'Italicum e ricavarne, come già per il Porcellum, una legge elettorale auto-applicativa. Non sono in pochi a scommettere su questa ipotesi, e quasi tutti sono nel PD, nella Lega Nord, in Fratelli d'Italia e nei Cinquestelle.
     Renzi, come d'abitudine, ha battuto il primo colpo davanti alla Direzione del partito quando ha rilanciato il sistema cosiddetto Mattarellum. Maggioritario al 75%, collegio uninominale a un turno, il Mattarellum è stato ampiamente sperimentato dal 1993 al 2004 e ha funzionato egregiamente alla Camera, meno bene ha funzionato al Senato per via dei collegi più ampi e del calcolo dei resti. Due diverse soglie di sbarramento (al Senato la soglia del Mattarellum si aggirava intorno all'8%) determinavano un'inevitabile discrepanza fra i consensi raccolti dalle coalizioni e la rappresentanza parlamentare che da essi scaturiva.
     Gli avversari di questo sistema elettorale argomentano, non senza ragione, che esso ha funzionato in un sistema che si andava profilando, nel 1994, sostanzialmente bipolare. Quella realtà, in larga misura posticcia, è stata frantumata dal successo elettorale di Beppe Grillo e il Mattarellum appare ad essi inadatto per calcolare la rappresentanza parlamentare in un sistema oggi tripolare. Che cosa si intende quando si usa questa espressione? Il cittadino non del tutto distratto non avrebbe difficoltà a rispondere e a indicare nel M5s, nel PD e nel centrodestra i tre poli. Se poi si chiedesse chi sono i soggetti dell'ultimo polo, lo stesso cittadino non esiterebbe a dire: Berlusconi, Salvini, Meloni. Le cose, però, non stanno esattamente in questi termini.
     La collocazione di Forza Italia nel centrodestra appare oggi meno scontata di qualche tempo fa. Si dice per via delle vicende aziendali del suo fondatore, mai come ora interessato a una copertura del governo per resistere alla scalata di Vivendi a Mediaset. Il che è altamente verosimile, ma in tal caso che cosa c'entra la legge elettorale? Andato via Renzi, che cosa impedirebbe a Berlusconi di sostenere  un governo senza più Renzi per ottenerne in cambio il sostegno alle proprie aziende? Altra ipotesi che si accredita, è quella che attribuisce a Berusconi l'intenzione di portare il suo partito nel contenitore del Partito della Nazione, obiettivo fallito da Renzi con il referendum del 4 dicembre, così da dar vita a un governo di coalizione dopo le prossime elezioni. In entrambi i casi, il favore di Berlusconi per la proporzionale sarebbe scarsamente motivato visto che potrebbe raggiungere gli stessi obiettivi anche con un diverso meccanismo elettorale.
     Non si considera, invece, un'altra e per niente remota ipotesi. Vale a dire la determinazione di Berlusconi a non favorire lo sfarinamento del già traballante quadro politico, consegnando i voti sempre più avari del suo elettorato di riferimento alle truppe del radicalismo di Salvini e Meloni. In fondo, il padrone di Mediaset "sceso in politica" nel '1994 ha scongelato la destra radicale e post-fascista per portarla nei suoi governi con un'impronta marcatamente moderata ed europeista. L'idea di dover percorrere, vent'anni dopo, il cammino a ritroso sarebbe per Berlusconi una sconfitta politica umiliante e in quanto tale per lui intollerabile.
     Forse le ragioni qui considerate sono troppo nobili e si ritiene sbagliato attribuirle a un protagonista inseguito e perseguitato dal cliché dell'uomo cinico e interessato soltanto al buon andamento dei propri affari personali. In questo caso, però, si nega allo stesso personaggio il diritto all'orgoglio personale e il diritto a manifestarlo con gli strumenti della politica che Berlusconi ha imparato a usare con spregiudicata intelligenza. Sarà pur vero che Renzi e Salvini si ritengono autorizzati dall'anagrafe a liberarsi di Berlusconi, ma è giusto chiedergli di farlo, se ci riescono, per via politica, dimostrando di avere gli atouts che essi ritengono non abbia più Berlusconi.
     In fondo, il vecchio combattente gode del singolare privilegio di poter scegliere tra diverse opzioni per contare e sopravvivere politicamente a se stesso. I suoi sfidanti sono messi peggio, molto peggio di lui. Salvini da solo, senza lo scudo "moderato" di Forza Italia, quanto pesa sul piano elettorale? Renzi, impegnato ad allargare il perimetro dei consensi nel PD, ritiene possibile mantenere l'influenza nell'area moderata una volta riassorbita, nella guida e nei programmi del partito, l'opposizione interna?    

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