domenica 11 dicembre 2016

GENTILONI STRETTO FRA LEALTÀ A RENZI E RESPONSABILITÀ VERSO IL PAESE


di Massimo Colaiacomo

     Saranno tempi brevi quelli necessari per il varo dell'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni. Ricevuto l'incarico dal presidente Mattarella, il ministro degli Esteri ha avviato le consultazioni nel tardo pomeriggio con l'obiettivo dichiarato di presentare la lista dei ministri fra lunedì sera e martedì mattina, così da prestare giuramento ed entrare pienamente in carica prima del Consiglio europeo in programma mercoledì prossimo.
     Una partenza sprint, come auspicano le forze di opposizione, ma per una ragione diversa dalla legge elettorale che tutti invocano "qui e ora". Il governo non può presentarsi sulla ribalta europea privo dei crismi dell'ufficialità senza trasmettere l'immagine di un Paese ripiombato nella precarietà dei suoi esecutivi. Quando la cancelliera Merkel saluterà Gentiloni stringerà la mano al sesto presidente del Consiglio italiano da lei incontrato durante i suoi 9 anni di cancellierato. Una circostanza sufficiente da sola a sottolineare l'anomalia italiana sulla scena europea.
     Paolo Gentiloni si presenterà in Parlamento probabilmente giovedì o venerdì al più tardi, una volta rientrato dal vertice europeo. Il suo mandato ha una strada già chiaramente tracciata. La continuità con il precedente governo Renzi sarà sicuramente nella politica di governo e in larga misura nella stessa struttura dell'esecutivo, salvo gli inevitabili ricambi per evitare un effetto fotocopia difficile da spiegare agli occhi stranieri. Si muoverà entro il perimetro della maggioranza attuale, e potrà risolvere l'ambiguità, impossibile da affrontare per Renzi, sul ruolo dei verdiniani: Ala entrerà organicamente nel governo, e questo è già il prezzo che Renzi impone ai suoi oppositori interni.
     È vero che le opposizioni, centrodestra e grillini, hanno già ritirato fuori lo spartito del quarto governo non eletto dal popolo, refrain caro a Silvio Berlusconi il quale, però, lo ha messo da parte per questa circostanza segnando già così un primo distinguo dai suoi recalcitranti alleati. È gioco facile ricordare a grillini e leghisti che tutti i governi sono eletti dal Parlamento e non dal popolo, e che il cambio delle leggi elettorali non è mai stato accompagnato dalle necessarie correzioni della Carta costituzionale per chiedere un premier "eletto dal popolo". Addirittura si sarebbe preteso che Gentiloni indicasse già al momento dell'incarico la data delle elezioni, una volta modificata la legge elettorale. Si tratta di richieste inconcludenti, fanno parte del bagaglio polemico e della propaganda di chi sente già di essere in campagna elettorale.
     Le smanie per il voto, però, devono fare i conti con la realtà delle cose. Il governo Gentiloni, che le opposizioni si sono affrettate a bollare come una fotocopia del governo Renzi o il suo avatar (copyright Di Maio) non avrà una navigazione facile in Parlamento per la naturale difficoltà di un esecutivo che viene battezzato per rassicurare, o almeno non smentire quanto fatto da Renzi, ma nello stesso tempo il nuovo premier, apprezzato per il suo low profil sicuramente e per la sua lealtà al premier uscente, sa di doversi muovere sul terreno di una responsabilità verso il Paese e affrontare dossier delicati che vanno dalle difficoltà del sistema bancario alla questione dell'immigrazione o alla ricostruzione del post-terremoto. L'incarico conferito da Mattarella non è a un governo di scopo ma a un governo che può e deve agire nella "pienezza delle sue funzioni". Il che significa che non può limitarsi a lavorare affinché il Parlamento trovi un punto di convergenza sulla legge elettorale, ma deve operare sulle grandi questioni già scritte sull'agenda di Renzi: dal vertice per il 60/mo anniversario del Mec al G7 di Taormina a maggio. L'idea di un esecutivo che nasca e operi con un timer incorporato che ne preveda l'autoaffondamento una volta approvata la legge elettorale è un espediente polemico delle opposizioni, perché nessun governo può nascere "a termine", non essendo previsto dalla prassi né dalla Costituzione.
     Vero è che il governo nascente affiancherà, sul piano politico, il confronto acceso che si annuncia nel PD in vista del congresso, ancora da fissare ma previsto tra febbraio e marzo. Sarà in quella occasione che si potrà comprendere meglio l'orizzonte temporale dell'esecutivo. Con tutte le cautele del caso. Perché un governo che nasce in Parlamento dura in carica finché riceve la fiducia della maggioranza. E questo è ovviamente un problema per il PD: come sfiduciare il "proprio" governo e poi presentarsi al giudizio degli elettori solo perché è stata fatta la legge elettorale. Non mancano i precedenti: il governo Fanfani, nel 1987, un monocolore nato come "governo amico" venne affondato dalla DC per andare alle urne nella convinzione di un successo che tutti i sondaggi davano ampio. Si ricorderà come andò a finire: il buon De Mita fece perdere 6 punti percentuali al suo partito. Il parallelismo finisce qui, perché troppo diversi sono i protagonisti e il contesto in cui si muovono. Ma non sarà semplice per il PD e per Renzi "staccare" la spina al governo Gentiloni solo perché si deve andare alle urne per avere "un governo eletto dal popolo" ma non previsto in Costituzione.


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