martedì 26 febbraio 2013

GOVERNO PER LEGGE ELETTORALE? E' SUICIDIO. SERVE RIFORMA PRESIDENZIALISTA O SARA' GRILLO FOR EVER

di Massimo Colaiacomo

     Il potere interdittivo conquistato da Beppe Grillo in Parlamento è un evento straordinario. Mai prima d'ora Camera e Senato, governati da Regolamenti paralizzanti così come voleva il consociativismo scritto nella Costituzione, si erano trovati on the ragged edge. La politica parlamentare classica, quella che da secoli governa le principali democrazie occidentali, fondata sull'esistenza di una maggioranza e di una minoranza (che in Italia è diventata opposizione: a chi? a che cosa?) è stata spazzata via da un competitor visibile ma immateriale in un mondo dove "materiale" è sinonimo di televisivo.
     Grillo ha detto una cosa giusta: è crollato il sistema. Molti italiani lo hanno votato per questo, e lui forse non se ne è accorto: lo hanno votato per usarlo come una bomba a mano da far deflagrare nell'emiciclo della Camera. Ecco: fatto questo Grillo non ha altra funzione da assolvere. Può - potrebbe - sloggiare poiché né lui né i suoi parlamentari sono rappresentativi di alcunché. La rabbia e l'indignazione non sono "istanze" o esigenze che possano trovare rappresentanza in un'Assemblea parlamentare.
     Il successo grillino è in gran parte figlio della cecità delle vecchie forze politiche nessuna delle quali ha saputo capire per tempo la violenta spallata che stava per abbattersi sul Parlamento. I partiti non rappresentano più niente e hanno confidato sulla loro indispensabilità (vera) sperando che questa bastasse per (ri)legittimarli. Non è stato così. Grillo è l'allegoria del baratro scavato, in oltre 60 anni di stentata vita repubblicana, fra le istituzioni e i cittadini. Grillo poteva affermarsi soltanto in Italia, cioè in un habitat istituzionale unico in Europa e forse nel mondo. In un sistema presidenziale, dove i partiti sono forti e forte è il loro rapporto con la società, di Grillo non si sarebbe intravista neppure l'ombra.
     Si leggono dichiarazioni strampalate e onestamente inquietanti da parte dei leader delle forze principali, tranne che da Silvio Berlusconi. Chi sollecita un tentativo di intese parziali con Grillo, chi ventila addirittura di tornare subito al voto (ma sono grillini infiltrati nel Pd?) ... Il ceto politico è comprensibilmente smarrito, avendo già scarsa lucidità in condizioni normali.
     In queste ore, si diceva, è un fiorire di ipotesi. Il solo Berlusconi, finita la campagna elettorale, è tornato a un linguaggio ragionevole, quasi felpato e quindi per lui insolito. Non c'è un governo Bersani alle viste. E chiunque immagini governi di transizione affidati a un Giuliano Amato va considerato senz'altro come un grillino infiltrato nelle istituzioni. Si può davvero immaginare una risposta più vecchia e stantia di fronte a una sfida inedita che ha messo in mora il sistema politico? Un governo che faccia la legge elettorale per tornare subito dopo alle urne, come qualcuno ipotizza, sarebbe soltanto altro carburante nel già ben avviato motore del grillismo.
     Possibile mai che nessuno dei leader abbia capito che il governo che verrà non deve trovare risposte alla sfida del grillismo ma deve invece alzare il tiro e ridisegnare il sistema istituzionale? Davvero Bersani pensa di proporre un governetto per fare la legge elettorale? Come dire, tutto qui? 
     La politica si è spiaggiata, esattamente come alcuni anni fa fece un gruppo di balenotteri sulle spiagge della Guyana olandese. Lo spettacolo che si presentò agli occhi dei pescatori era raccapricciante: centinaia di animali morti o rantolanti occupavano ampie porzioni di spiaggia. Era un suicidio di massa. Erano finiti lì non costretti da nessuno.
     E' una condizione non molto diversa da quella che vive la politica italiana in queste ore. 
     Nessuno dei leader che si sia chiesto: l'antiparlamentarismo personificato da Grillo è una patologia superabile con una riforma elettorale oppure esso è il sintomo vistoso di una crisi di sistema? Se si fa l'analisi giusta e si risponde che, sì, stiamo vivendo una crisi di sistema, allora si deve prendere atto che non c'è nessuna legge elettorale in grado di rimetterlo in piedi.
     Se il sistema è ingrippato, non si cambia la legge elettorale ma si riforma o si cambia il sistema.
Di fronte al blocco di un sistema politico tutto passa in secondo piano: i vincoli europei, la crisi economica e la sostenibilità sociale dei sacrifici. Tutto questo viene inglobato nel "sistema" politico finito in panne. 
     Bersani e Berlusconi hanno davanti a sé una sola strada: mettere mano alla Costituzione per cambiarla in senso presidenzialista oppure, ma non necessariamente come alternativo, puntare a un sistema maggioritario secco sul modello inglese. Qualsiasi risposta diversa da queste è soltanto un ulteriore regalo a Grillo e sarebbe davvero l'atto finale di una generazione politica fallita.
     Saranno capaci di tanto? C'è da dubitarne. Chi si affanna nel Pd a immaginare di aprire un qualche contatto con Grillo lo fa perché afflitto dalla "sindrome di Stoccolma" che, come si sa, rende la vittima indulgente e quasi complice del suo carnefice. Ma un accordo sia pur limitato con Grillo oltre che un suicidio farebbe pensare che Bersani ritiene possibile governare l'Italia per 5 anni. Pura follia.
     L'accordo possibile, l'unico, è fra Bersani e Berlusconi. Con l'esclusione di Mario Monti, come vuole Berlusconi e come ha interesse a fare Bersani. Berlusconi ha il coltello dalla parte del manico per un'intesa di questo genere: senza di lui nessuna riforma è possibile in Parlamento. E Bersani ha interesse a escludere Mario Monti per rendere, anche visivamente, l'idea di un bipolarismo senza più ritorno. Conterrà dosi massicce di populismo o di antieuropeismo? Pazienza: la politica è fatta per favorire certi processi, far evolvere posizioni troppo ruvide e costruire aperture e nuovi equilibri. Ma per fare buona politica ci vogliono istituzioni nuove e legittimate. Ci vuole il ripristino di una "fonte di autorità" che l'Italia ha smarrito dai tempi di Tangentopoli. Non bastano più le "supplenze" di singole personalità, autorevoli e di grande levatura morale come Ciampi e Napolitano: ci vogliono istituzioni autorevoli e forti di per sé. Non è un Capo dello Stato che fa l'istituzione, ma è l'istituzione che fa il Capo dello Stato. 
     

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