mercoledì 6 febbraio 2013

BERSANI-MONTI ALLEATI DAY-BY-DAY
MA BERLUSCONI SI FA MALE DA SOLO


     Il passaggio dalla "strana maggioranza" a tre a una "ordinaria alleanza" a due Bersani-Monti non è così scontato e naturale come ha interesse a far credere Berlusconi. Il viaggio di Bersani a Berlino, non c'è dubbio, è stata un'occasione cercata e costruita perché è nella casa dell'ortodossia dell'austerità che il segretario del Pd doveva dare le rassicurazioni sulla continuità della politica di bilancio e riceverne in cambio un semaforo verde. Questo è il senso della disponibilità, proclamata nella successiva conferenza stampa, a un'alleanza con la lista di Mario Monti. Essa è stata resa necessaria perché, evidentemente, le rassicurazioni fornite da Bersani a Wolfgang Schauble non sono state ritenute sufficienti dagli interlocutori tedeschi. Il centrodestra in Italia non ha colto questi movimenti nella giornata berlinese dell'avversario e, come al solito, l'ha buttata in caciara.
     Bersani è volato a Berlino qualche giorno dopo Monti, in una successione non casuale. I due viaggi hanno consentito ai due esponenti di riannodare un filo che si stava pericolosamente consumando sotto il fuoco incrociato della campagna elettorale. Può suscitare una qualche non immotivata impressione l'idea che sia Berlino la sede di composizione di controversie interne al quadro politico italiano. E in effetti così è, al netto delle polemiche elettorali.
     Polemiche strumentali, è ovvio, se vengono dalla destra berlusconiana, ma foriere di non passeggere preoccupazioni per il futuro quando a sollevarle sono i Vendola e gli Ingroia, il primo alleato organico di Bersani mentre per il secondo non è difficile ipotizzare il ruolo parlamentare di spina nel fianco del centrosinistra (al netto, ovviamente, di quello che sarà il risultato delle urne).
     Certo è che il tono della campagna elettorale fra Monti e Bersani è mutato sensibilmente nelle ultime ore. Concentrandosi sull'agenda delle riforme da fare, a partire dalla crescita e dalla riforma del lavoro. Più sullo sfondo sono finite le questioni legate alla revisione dell'Imu o alla riduzione del carico fiscale su lavoro e imprese. A conferma che l'alleanza sta muovendo i primi passi, lo stesso Monti ha ripetuto che non è nel suo orizzonte una patrimoniale, con ciò rivolgendosi a quella parte di elettori ancora indecisi, tentati dal voto ma timorosi dell'alleanza con chi invece ha fatto della patrimoniale una bandiera.
     Si tratta, per Monti e Bersani, di mandare al loro posto, a una a una, le tessere di un mosaico programmatico ancora confuso ma sicuramente complicato da comporre all'indomani dell'affermazione elettorale. Si può ragionevolmente affermare che da ieri è in funzione fra i due un'alleanza day-by-day. Da oggi il fuoco si concentra necessariamente sull'avversario irriducibile che è Berlusconi. Il quale continua imperterrito sulla sua strada utilizzando il vecchio impasto di populismo e ribellismo fiscale. L'idea della restituzione dell'Ima è davvero bislacca e fuori dal mondo, mentre senz'altro accettabile sarebbe la proposta di abolizione integrale dell'imposta. Ma quello che impedisce a Berlusconi di essere credibile è la mancanza di una visione tipica della destra liberista anglosassone. Se solo i suoi consiglieri avessero seguito per qualche ora il dibattito che scuote il Congresso americano non avrebbero esitato a suggerirgli l'unica vera risposta: finanzieremo l'abolizione dell'Imu con un taglio via via più consistente della spesa pubblica e una ridefinizione del welfare state per adattarlo al mutato contesto globale.
     Si badi bene: il che fare della spesa pubblica e come rimodellare lo Stato sociale ormai fatiscente sono i due grandi temi assenti dalla campagna elettorale. Nessuno ne parla: Monti, Berlusconi e figurarsi Bersani. Non parlarne significa soltanto due cose: se vince la sinistra, altre tasse in arrivo per conservare la macchina sfasciata del welfare; se vince la destra e in essa la posizione più populista, lo spread è pronto a ripartire verso mete sconosciute.

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