giovedì 5 giugno 2014

DRAGHI SCUOTE L'EUROPA, MA IN ITALIA NON SE NE ACCORGE NESSUNO

di Massimo Colaiacomo

Mario Draghi ha varato un ventaglio di provvedimenti (peraltro "non esaustivi", come ha precisato in conferenza stampa) e impresso una svolta nella politica monetaria della Bce al punto che si è intravisto per la prima volta un barlume di autonomia, e la politica italiana ha scelto il silenzio. Troppo impegnata nelle liti da cortile, nessuno, dalla maggioranza o dall'opposizione, ha colto l'importanza di quanto ha deciso il direttorio della Bce e i suoi riflessi sulla politica nazionale. Niente di niente.
Il centrodestra è troppo impegnato a leccarsi le ferite elettorali e, se possibile, a procurarsene di nuove con il confronto surreale dentro Forza Italia. Inutile aspettarsi commenti da Fratelli d'Italia, Lega Nord e La Destra di Storace, tutte formazioni che al solo parlare di Europa e di euro imbracciano il fucile. Lo spettacolo offerto oggi dal centrodestra che vorrebbe candidarsi a rappresentare i moderati italiani è davvero desolante. Da quelle parti c'è la desertificazione completa della politica. Non un fiato per plaudire o dissentire dalle decisioni di Draghi.
Per dire, il governatore della Bce ha offerto degli assist incredibili a chi avesse voluto criticare il governo Renzi (non il solo, per la verità: il francese Valls è ancora più immobile) quando ha osservato che le riforme strutturali sono un capitolo ancora tutto da scrivere in molti Paesi europei. Quando poi ha aggiunto che ci sarà un finanziamento robusto al sistema bancario, ma sotto condizione di favorire i prestiti alle famiglie e alle imprese, un cenno di approvazione sarebbe stato il minimo. Niente di niente.
Il centrodestra era troppo impegnato a difendere il sistema delle Camere di Commercio per il quale il buon Giovanni Toti ha speso parole accorate (bene tagliare la spesa pubblica, ma non usiamo l'accetta: né più né meno quello che ripete il presidente della Repubblica a conferma che lo statalismo è una patologia, un virus che non risparmia nessuna parte dello schieramento politico). 

Le decisioni odierne della Bce vanno nella direzione auspicata dai Paesi periferici e rappresentano un'ulteriore supporto di Mario Draghi nella complessa partita di risistemazione dei debiti eccessivi, ma esse sono un incentivo potente a stimolare la ripresa economica che tutti gli outlook vedono in affanno o ancora gracile. Come ogni medaglia, le decisioni della Bce hanno il loro rovescio: esse tolgono ogni alibi ai governi nazionali. Draghi ha insistito, come fa sempre, sull'urgenza di accelerare le riforme strutturali, capitolo sul quale il governo italiano è inadempiente al massimo grado, superato soltanto da quello francese. I vagiti del governo italiano, presentati da Renzi come riforme epocali, sono la direzione sbagliata che vanifica tutti gli sforzi del dinamismo messo da Draghi nella sua azione. Dove sono le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali? Dove la riforma del mercato del lavoro che restituisce all'impresa e alle sue esigenze un ruolo centrale e decisivo? Dove una riforma dell'apprendistato per cui un giovane riceve una formazione da un artigiano e ringrazia senza null'altro a pretendere? Dove è la riforma della contrattazione che trasferisce nel negoziato di impresa la parte economica e lascia a un contratto nazionale la negoziazione sui diritti? Di tutto questo non c'è traccia alcuna nell'azione del governo Renzi. Ma sono queste le riforme che Draghi è tornato a invocare. Nel centrodestra non se ne è accorto nessuno, sono tutti troppo impegnati a riconquistare i consensi perduti illudendosi di riconquistarli con il populismo old fashioned  di Berlusconi. 

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