sabato 29 marzo 2014

SULLE RIFORME L'INCOGNITA DEL VOTO EUROPEO

di Massimo Colaiacomo

Nessun cataclisma sconvolgerà il Pd quando il decreto Poletti su apprendistato e contratti a termine arriverà all'esame del Parlamento. Il decreto sarò approvato esattamente come è uscito dal Consiglio dei ministri tranne, è ovvio, la concessione di modifiche marginali alla minoranza interna. Il nucleo del provvedimento è intoccabile e il partito ieri lo ha confermato con un voto plebiscitario al segretario-premier. Quindi contratti a termine rinnovabili fino a 8 volte nell'arco di tre anni per togliere quelle ingessature che soffocano il mercato del lavoro, come ieri hanno detto all'unisono il governatore di BanKitalia e il ministro del Welfare.
Matteo Renzi ha voluto così confermare il ruolino di marcia della macchina governativa. Ha il controllo pieno del partito e lo sta accrescendo sui gruppi parlamentari. Tranne la minoranza civatiana e il gruppetto critico di Gianni Cuperlo, il resto dei parlamentari si è allineato come un sol uomo dietro il segretario-premier. Il che costituisce un indubbio vantaggio, sul piano parlamentare e politico. I provvedimenti del governo sul lavoro, graditi anche a Forza Italia, dovrebbero essere approvati entro i tempi previsti, al più tardi per metà maggio. Un PD compatto significa per Renzi affrancarsi dai voti di Forza Italia che diventano così residuali su una materia considerata sempre incandescente.
Il fatto di licenziare il provvedimento prima del 25 maggio, quando gli elettori andranno alle urne per rinnovare il Parlamento europeo, è un altro punto a favore della strategia del premier il quale aspetta quel voto per avere un primo significativo riscontro sulla sua persona e sulla strategia del governo. Renzi non ha rallentato nella sua marcia e il vento alle vele non è calato. Dai sondaggi arrivano risposte positive, con i consensi in costante ma non vertiginoso aumento a ogni giro di settimana. Si direbbe, insomma, che la navigazione procede spedita e senza intoppi.
Il patto con Silvio Berlusconi sulle riforme istituzionali ha retto alle prime prove ma l'incognita per Renzi si annida proprio in Forza Italia. Il voto europeo non si presenta sotto i migliori auspici per Berlusconi e le sue ultime sortite pubbliche hanno regalato l'immagine di un leader sempre combattivo ma anche visibilmente stanco. La lotta interna sulle candidature risolta con soddisfazione dello sfidante Raffaele Fitto e l'appello, finanche accorato nei toni, a Storace perché La Destra si presenti alleata di Forza Italia sono due spie dell'umor nero del leader di Forza Italia. Berlusconi presagisce l'arrivo di una tempesta per evitare la quale non ha ritenuto di spendere le energie e il ruolo di nessuno dei figli.

Un indebolimento eccessivo di Forza Italia al voto europeo, diciamo un risultato intorno al 20%, è paradossalmente destinato a pesare sul quadro politico molto più di un successo sonante del PD di Matteo Renzi. Per la ragione che il sistema della doppia maggioranza - quella di governo e l'altra per le riforme - ne uscirebbe completamente sghembo. È difficile per ora ipotizzare come un simile scenario possa ripercuotersi sul quadro politico. Un centrodestra molto indebolito nei consensi e frantumato nella sua rappresentanza sarebbe inevitabilmente destinato a riportare in alto mare il capitolo della riforma elettorale e le questioni fin qui accantonate (il voto di preferenza, le soglie di sbarramento) verrebbero riaperte dal Nuovo centrodestra e dagli alleati minori a quel punto indispensabili per la tenuta della maggioranza.

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