lunedì 24 marzo 2014

IL GOLLISMO "POPULACE" SI FA BEFFE DELL'EUROPA

E SILVIO NON TROVA PIÙ CONIGLI NEL CILINDRO

di Massimo Colaiacomo

Populace è un aggettivo, talvolta sostantivato nella traduzione, con meno connotazioni spregiative di quelle che immaginiamo. Marine Le Pen ha lavorato un paio d'anni in un laboratorio politico molto personale e alla fine ha trovato la formula alchemica che le ha aperto la strada verso un trionfo elettorale non imprevisto ma imprevedibile nelle sue dimensioni. Il razzismo in versione soft, mescolato alla guerra all'immigrazione, soprattutto maghrebina e musulmana, argomentata secondo i canoni del nazionalismo e del cattolicesimo vandeano: il tutto impastato e cementato grazie alla polemica virulenta contro l'Europa delle banche e della finanza.
Già per queste ragioni il lepenismo francese ha molte differenze rispetto al qualunquismo grillino. La destra di Marine Le Pen, al di là di come girerà il vento nei turni di ballottaggio, si è auto-sdoganata e può presentarsi agli occhi dell'elettorato francese nella dimensione di loyauté repubblicaine di cui è stata priva fino a oggi. Il ritorno della Francia all'interno del pensiero "esagonale"  è un colpo duro agli equilibri europei. Se il voto di ieri vuole essere un campanello d'allarme per l'Europa dei decimali e dei burocrati, c'è da temere che giungerà silenziato a Berlino e nelle altre capitali del Nord Europa. All'orizzonte torna a stagliarsi il fantasma di una rottura dell'Europa con la nascita di due distinte aree monetarie se si esclude il ritorno alle monete nazionali.
Il successo lepenista in Francia non può essere liquidato come il trionfo dell'estremismo. Con le percentuali a due cifre che sfiorano e superano il 40% in città grandi, la definizione di "estremista" va usata con cautela perché significherebbe avvalorare la tesi di una Francia ormai definitivamente perduta alla causa europea. Se nelle cancellerie europee si dovesse ragionare in questo modo, allora sì l'Europa sarebbe finita. Se, come è auspicabile, si rifletterà a freddo sul voto francese per trarne conseguenze di più ampia portata, allora c'è da sperare in un révirement del governo tedesco.

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Chi ha invece esaurito ogni possibilità di risposta alla crisi verticale del suo partito è Silvio Berlsconi. Dal fondo del suo cilindro non escono e non usciranno più conigli. La staffetta dinastica immaginata da qualche dirigente, e temuta da altri, non è molto diversa dal coperchio che si chiude sulla bara. Forza Italia è alla vigilia di un'implosione per ragioni incomprensibili ai suoi stessi dirigenti, troppo impegnati a "comunicare" e poco o scarsamente avvezzi a "elaborare" idee e programmi politici. Con il paradosso che anche risultati ragguardevoli (basti pensare all'approvazione della delega fiscale alla Commissione Finanze presieduta da Daniele Capzzone) vengono comunicati male, mentre si comunica peggio il girare a vuoto della politica.
Il torto più grande di Silvio Berlusconi è stato di aver confuso la comunicazione con la sostanza stessa della politica, con il risultato che ha sempre vinto senza mai riuscire a governare. La comunicazione fa vincere le elezioni, ma per governare bisogna mettere assieme le forze politiche e i programmi. L'Italicum è un sistema elettorale pensato e fatto per tagliare la "noia" della politica immaginando così di risolvere il problema delle "discussioni inutili" fra partiti alleati. La realtà si incaricherà, e molto presto, di mandare in crisi anche l'Italicum perché fare politica mettendo la sordina alla politica è un'operazione impossibile anche per il più bravo dei maghi. E l'Harry Potter di Firenze (non ce ne abbia l'Harry Potter originale, Marco Follini) ne farà le spese come prima di lui le ha fatte Berlusconi.

La questione non è se avere o non avere nostalgia della prima Repubblica, visto i disastri lasciati nella finanza pubblica. La questione più drammatica è l'assenza di un ceto politico all'altezza dei momenti drammatici che l'Italia vive e vivrà nei prossimi mesi e anni. Un ceto politico capace di rappresentare e trasmettere un'idea di Nazione, di società, di portare a sintesi interessi sociali diffusi, legittimi e talvolta necessariamente in contrasto fra loro. Senza un'idea di Nazione è difficile stare in Europa e invocare la solidarietà altrui. È il percorso esattamente opposto a quello di Grillo il quale, per vincere, ha bisogno di camminare sulle macerie del Paese. Macerie che altri stanno preparando. Sotto questo aspetto, Grillo è assolutamente incolpevole. 

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