domenica 6 aprile 2014

PER RENZI IL RISCHIO DI ALLARGARE IL GAP FRA ANNUNCI E REALTÀ

di Massimo Colaiacomo

Il presidente del Consiglio è un comunicatore di sperimentata e insidiosa abilità. Fa bene Berlusconi a essere preoccupato di colui che considera la sua versione giovanile, una sorta di Dorian Gray rovesciato. Si parla sempre qui delle abilità comunicative, di quella straordinaria capacità che consente a un leader di mettersi in sintonia con gli elettori fino a plasmarne le attese e le speranze e a strappare la loro totale condivisione degli obiettivi di governo. Siamo in presenza di quello che un analista acuto e balanced come Stefano Folli ha definito il "populismo morbido" di Matteo Renzi.
L'importanza della comunicazione è a tal punto decisiva che la politica degli annunci è riuscita dove prima avevano fallito Monti e Letta. La risposta dei mercati è stata a dir poco entusiasta: in un mese si registra un flusso di investimenti in entrata stimato in circa 25 miliardi di euro. La Borsa di Milano è la migliore in Europa e fra le prime 3 o 4 Borse mondiali. Lo spread fra i titoli decennali italiani e i corrispondenti titoli tedeschi (Btp versus Bund) si è ristretto fino a 161 punti, livello toccato l'ultima volta nel 2010.
Tutto ciò sta a significare una sola cosa: i mercati hanno accordato la massima apertura di credito al governo Renzi, cosa che non fecero, per ragioni le più diverse, con i suoi predecessori. È la luna di miele regalata a Renzi con più generosità che ad altri.
Tutto bene, dunque? Sì, almeno fino a questo punto. E almeno fino al punto in cui i mercati, smaltita l'euforia per le riforme annunciate, passeranno a pesare i risultati le realizzazioni dell'esecutivo.
Fino a questo momento Renzi non ha concluso gran cosa. La finta abolizione delle Province, con l'aumento dei posti (e dei costi) per la politica è la prima grande delusione di Renzi. Come si potrà votare la rforma del Titolo V senza abolire in Costituzione il primo comma dlel'art. 114, quello che è il certificato di esistenza in vita delle Province? Come può Renzi spiegare agli italiani che le Province sono statea abolite ma restano i balzelli per finanziare il loro funzionamento, cioè la sovrattassa che pagano tutte le famiglie sulle bollette energetiche e la tassa sul P.R.A.?
Il rischio che si intravvede per Renzzi è lo stesso che portò Napoleone al disastro della Beresina dopo essere entrato in Mosca e trovare una città deserta e devastata dal fuoco. Le truppe francesi avevano corso tanto nella steppa, senza incontrare resistenze, al punto da perdere i contatti con il vettovagliamento e le infermerie. Napoleone avevano allungato a tal punto le fila delle sue truppe che i soldati entrarono a Mosca per morirvi di fame e di freddo. Aveva vinto l'astuzia del generale Kutuzov. L'armaa francese era stata inghiottita e divorata nei grandi spazi della Russia. Le intenzioni dell'imperatore annegarono nel freddo e nella fame della realtà.
Renzi deve accorciare la distanza che va pericolosamente crescendo fra gli annunci e la realtà. Non ha ancora detto dove e come troverà i soldi per restituire 80 euro in busta paga. Un primo contatto con la realtà lo ha avuto, rinviando il taglio dell'Irap all'inizio del 2014. Entro settembre deve trovare 70 miliardi per cancellare i debiti della P.A. con le imprese. Appare sempre più evidente che Renzi sta costruendo uno schermo fra se e la realtà quotidiana dell'Italia. Egli rinvia al Paese l'immagine riflessa della realtà come sarà e non come è. Gli italiani, dopo gli anni del berlusconismo, avvertono il bisogno di colmare il vuoto lasciato dalla fine di quel sogno aggrappandosi alla promessa di un cambiamento radicale e salvifico, cioè quello che promette Matteo Renzi. In entrambi i casi, il Paese viene a ritrovarsi lontano dai gravi problemi economici e sociali per la cui soluzione nessuno si azzarda a mettere in campo le soluzioni drastiche e socialmente sanguinose non più rinviabili.
Le riforme promesse da Renzi si annunciano per quello che sono: puro illusionismo, dall'abolizone delle Province alla riforma del Senato. Passando per la riforma del mercato del lavoro, ancora in alto mare, fino al pericolosissimo "salario minimo" destinato a far esplodere la base sociale con la tendenza delle imprese a garantire il minimo per tutti e a vanificare il passaggio dal contratto unico a una più robusta contrattazione aziendale.

Dove le riforme sono state fatte, in Grecia e in Spagna, le piazze sono state riempite da folle schiumanti di rabbia. Ecco, lì sono state fatte le riforme. Renzi vorrebbe invece trasformarle in una scampagnata o in una gita fuori porta. Vent'anni dopo, l'Italia rischia di ritrovarsi punto e a capo.   

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