domenica 29 settembre 2013

BERLUSCONI IN RETROMARCIA MA LETTA NON ESAGERI SE VUOLE ANDARE AVANTI

     Le colombe di Forza Italia hanno tirato fuori gli artigli. Il Cavaliere è come Napoleone incalzato dal generale Kutuzov. Se vuole evitare l'umiliazione di una Beresina parlamentare deve macinare politica snebbiandosi la mente dall'incubo della decadenza.

di Massimo Colaiacomo

     La swing policy fin qui seguita da Silvio Berlusconi nei confronti del governo ha lasciato molti cocci sul terreno. Se è vero che la scorsa notte è riuscito a dormire oltre 10 ore per la prima volta dopo 59 notti insonni, è pur vero che agli italiani deve aver tolto il sonno la giornata al cardiopalmo di ieri. I ministri del PdL dimissionari, una maggioranza accartocciata e quasi cestinata, hanno aperto crepe difficilmente ricomponibili sul piano politico. Però, si provi a guardare alla parte mezzo piena del bicchiere: il 4 ottobre, giorno che Berlusconi considera del Giudizio universale dal momento che la Giunta del Senato voterà la sua decadenza, potrebbe paradossalmente diventare il giorno del riscatto del centrodestra. Letta ha bloccato il decreto che doveva congelare l'aumento dell'Iva ma una ricomposizione della maggioranza, sempre possibile e sempre meno improbabile, potrebbe sbloccare lo stallo e Berlusconi, nel ruolo di martire che interpreta magistralmente, potrà mostrarsi come colui che rinunciando alla battaglia per la sua libertà si è sacrificato per il bene del portafoglio degli italiani.
     È una lettura, lo so, poco politica delle convulsioni di queste ore, ma per un personaggio imprevedibile e sempre desideroso di épater les bourgeois potrebbe essere la chiave giusta per comprendere capriole dialettiche altrimenti incomprensibili. Berlusconi ha la psicologia dell'uomo solo al comando,taggi e gli handicap del caso: può essere rapido nelle decisioni, ma anche rovinoso se sbaglia il calcolo delle conseguenze. Il che è esattamente quanto è accaduto ieri.
     Il Cavaliere è impegnato in queste ore in una difficilissima retromarcia, paragonabile per danni politici alla ritirata dell'esercito napoleonico quando, giunto a Mosca, trova la città bruciata e torna sui suoi passi per farsi decimare dalla fame, dal freddo e dalle battaglie ingaggiate dal generale Kutuzov.
     Letta si ritrova ora, paradosso di queste ore, il vento alle vele. Può alzare la voce, ma non deve esagerare se vuole rimettere insieme i cocci e riprendere la navigazione. Avendo chiaro che soltanto il ricompattamento di questa e non di un altra maggioranza può aprirgli la strada per altri mesi di governo. La trasformazione dell'esecutivo da governo di servizio in governo elettorale gli sarà resa impossibile dal suo Pd e in particolare da Renzi.
     Se a Letta è consigliabile di non esagerare, a Berlusconi si può suggerire di volare basso. Il PdL non è più diviso tra falchi e colombe ma rischia, da domani, di essere diviso tra chi lascia e chi rimane. E a lasciare non sarebbero pochi. Il Cavaliere lo sa ed è corso ai ripari nel modo che si è visto in queste ore. Potrà mascherare la sua ritirata con qualche espediente tattico, ma non potrà negarla. Non potranno negarla soprattutto i cosiddetti falchi, si chiamino Verdini o Santanchè o Capezzone: dopo l'affondo e il viso delle armi, saranno loro i veri sconfitti. Le colombe hanno tirato fuori gli artigli e ai fafalchino resta che travestirsi da pecore se vogliono assicurata una qualche sopravvivenza politica. Nel PdL si stanno scontrando ambizioni e destini personali e la linea politica è poco più di un paravento. La scalata di Santanchè ai vertici del partito è fallita per la semplice ma non irrilevante ragione che essa rischia di portare il partito al fallimento e Berlusconi, se vuole tenere unito il PdL oggi e domani Forza Italia, dovrà ratificare questo risultato nella riunione dei gruppi parlamentari convocati per domani pomeriggio.

Nessun commento:

Posta un commento