giovedì 19 settembre 2013

LA MAGGIORANZA SI SFARINA SULL'ECONOMIA, MA LETTA FA POCO PER IMPEDIRLO


di Massimo Colaiacomo

Il governo non vuole essere il punching ball per i partiti di maggioranza che se le danno di santa ragione e il premier Enrico Letta ha avvisato, rievocando una nota pubblicità degli anni Settanta, che non è diverso da quell'avvoltoio che metteva in guardia i suoi avversari dicendo che non era un ingenuo non avendo scritto in fronte Jo Condor. Battute di alleggerimento, senz'altro, ma rivelatrici di un brusco innazamento della tensione all'indomani del voto con cui la Giunta del Senato ha in sostanza indicato la via della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi: una via senza ritorno né alternative. Una spia che la tensione fin qui tenuta bassa è in rapido innalzamento è la replica alle parole di Letta giunta in serata da un ministro dialogante come Maurizio Lupi: ha dato ragione a Letta avvisando però che non solo Letta ma neanche i ministri del PdL hanno scritto in fronte Jo Condor. "Si esce dalla crisi tutti insieme se si parla di crescita e di come dare una mano al Paese", ha chiosato Lupi.
La verità è che dietro lo stato di confusione della "strana maggioranza" si va delineando un percorso ineluttabile destinato a sfaldare quel minimo di coesione residua e a sfociare nel voto anticipato. Berlusconi, dietro la reazione irosa, ovvia e scontata, contro la magistratura politicizzata e una sinistra ad essa asservita, ha voluto silenziare la sua vicenda giudiziaria per rimuoverla dalle possibili cause di crisi. Un minuto dopo lo sfogo del videomessaggio, il Cavaliere ha lanciato però un chiaro segnale in direzione del governo: il braccio di ferro sarà sulla Legge di stabilità e sul Def. E i dati diffusi in serata vanno in una brutta direzione. Il Mef ha rivisto al ribasso le stime del Pil: -1,7% invece di -1,3 nel 2013; +1% invece di +1,3% per il 2014.
  Si prenda la vicenda dell'IVA. L'automatismo, per la verità umiliante, per cui un minuto dopo le parole del commissario europeo Olli Rehn il ministero dell'Economia ha lasciato correre la voce sull'inevitabilità dell'aumento dal 21 al 22% dell'imposta, non è stata una mossa politica azzeccata. L'idea che traspare da quella vicenda è di un'Italia che si "auto-commissaria" per evitare il commissariamento della trojka (Ue, Fmi, Bce). Ma ancora più inquietante è un altro aspetto: al di là degli aumenti di pressione fiscale, altre strade questo esecutivo non riesce a prendere. Il governo Letta mina la propria credibilità nel momento in cui annuncia che, ad ottobre, ci sarà un commissario per la spending review. Incredibile. Un anno e mezzo dopo la "performance" di Enrico Bondi (due mesi di studio per individuare tagli fino allo ... 0,5% della spesa, cioè 4 miliardi su oltre 800 miliardi di euro) nominare un altro commissario equivale a gettare la spugna sulla scena europea e a confermare che oltre la leva fiscale nessun governo italiano, di destra o di sinistra, ha la forza politica per andare.
La maggioranza, come avrebbe detto Rino Formica, è in via di sfarinamento. Non si intravvede, almeno da qui ai prossimi giorni, quale colpo d'ala possa inventarsi il premier per raddrizzare una barca che si prepara ad affrontare il mare tempestoso della legge economica con due ciurme ben decise a non confondersi nelle rispettive ricette per il risanamento ma tenute insieme da un incubo che non risparmia né il centrosinistra né il centrodestra: la scelta di tagliare in modo incisivo la spesa pubblica.
Se si vuole una conferma del virus del populismo saldamente annidato nella politica italiana, è sufficiente riandare alla settimana scorsa quando in Consiglio dei ministri sono stati approvati alcuni provvedimenti per la scuola. Il premier Letta e il ministro Chiara Carrozza hanno potuto annunciare, con un tono trionfalistico per i fortunati e luttuoso per i contribuenti, che entro il prossimo triennio ben 125 mila persone saranno assunte. I giornali hanno trattato la questione come marginale e nessun ministro, Pd o PdL, ha avuto obiezioni da muovere. Il minisro Carrozza, digiuna di matematica, ha precisato che queste nuove immissioni avranno un costo su base annua di circa 400 milioni. Nessuna obiezione. Nessuno che abbia preso una calcolatrice e moltiplicato 125 mila per 2000 euro lordi mensili per accorgersi che il risultato è 250 milioni ... al mese, moltiplicati per tredici mensilità fa 3,25 miliardi l'anno. E qui si potrebbe anche chiudere il coperchio sulla bara.

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