martedì 24 settembre 2013

MERKEL SA CHE COSA È BUONO PER LA GERMANIA E LO VORREBBE ANCHE PER L'EUROPA



di Massimo Colaiacomo

     Il trionfo elettorale di Angela Merkel è bene augurante per l'Europa e per la Germania. Come Konrad Adenauer, come Helmut Kohl, la cancelliera ha ottenuto il suo terzo mandato. Curiosità: i tre mandati sono toccati tutti a cancellieri democristiani. Perché è una vittoria bene augurante per l'Europa? Per diverse ragioni, che provo a elencare.
     Merkel è stata premiata dagli elettori tedeschi per ciò che ha fatto nel proprio Paese, per ciò che ha impedito venisse fatto da altri Paesi e per ciò che continuerà a fare o a impedire di fare. Sotto questo aspetto, il concetto di stabilità, caro all'animo tedesco, è il primo risultato le cui conseguenze si allungano su tutta l'Europa. Stabilità che significa continuità di politica economica e sociale. E continuità significa capacità di aderire alla realtà mutevole sforzandosi ogni volta di trovare risposte pragmatiche, costruite sul consenso politico e sociale. Un esempio: il bonus di 100 euro al mese alle mamme che scelgono di crescere in casa i bambini invece che affidarli all'asilo nido, ha fatto e farà ancora discutere, ma è una soluzione pragmatica che salta di slancio le diatribe sociologiche che un provvedimento simile avrebbe acceso in Italia. Se quella misura sia maschilista o anti-femminista è questione che neanche sfiora l'animo tedesco. È una misura dettata dal buon senso e dal realismo di un governante che fa i suoi bravi conti: quanto costa un bambino all'asilo, quanto costa lasciarlo a casa. Punto e basta.
     Dopo il terzo mandato, però, è difficile ipotizzare il quarto. Diciamo che Merkel viene a trovarsi nella disposizione d'animo propria di chi ha un orizzonte politico circoscritto, nulla ha da perdere e nulla da dimostrare. Può dunque dispiegare fino in fondo la sua visione dell'Europa e del ruolo che in essa deve svolgere la Germania. Il rigore dei conti pubblici, rimproverato a Merkel come a un bottegaio si potrebbe rimproverare la conta a fine giornata dell'incasso, è stato scambiato dai suoi avversari come l'obiettivo miope della politica tedesca. A parte il fatto che nessuno ha saputo proporre strade alternative - credibilmente alternative - pochi hanno considerato il fatto che la cancelliera tedesca ha sempre indicato nella solidità delle finanze pubbliche il presupposto per costruire una politica economica europea.
     L'Unione bancaria è un obiettivo urgente e non rinviabile, ma come negare che servano parametri di bilancio universalmente accettati, riconosciuti e condivisi da tutti gli istituti di credito? E quelli che hanno il portafoglio pieno dei titoli pubblici dei rispettivi Paesi - pensiamo alle banche italiane o spagnole o greche -  come possono esigere garanzie comuni sul piano europeo se il loro livello di rischio coincide con il livello di rischio del Paese?
     La grande coalizione, verso la quale spingerebbe la forza delle cose, non è un trauma per la società tedesca. Non solo, o non tanto perché c'è già un precedente, quanto per la ragione che il concetto di stabilità  è un valore acquisito dalle principali forze politiche di quel Paese. Pochi ricordano che la straordinaria stagione riformatrice di Gerhard Schroeder non trovò mai l'ostilità pregiudiziale della Cdu o dei cristiano-sociali bavaresi i quali, al contrario, votarono a favore della riforma sansanità di Schroeder che imponeva forti aumenti dei contributi a carico dei lavoratori.
     Dal 1999 al 2005, il cantiere delle riforme in Germania non ha mai conosciuto un giorno di tregua: dal mercato del lavoro alle pensioni, dalla sanità alla scuola. Schroeder ha rovesciato come un guanto la società tedesca. Niente di simile, purtroppo, è accaduto in Italia o in Spagna. E Merkel, che gli è succeduta nel 2005, non ha mai pensato di dover ritoccare una riforma. Semmai è chiamata ora a implementarle, per adeguarle alla mutata realtà delle finanze pubbliche. Stabilità, continuità e condivisione delle grandi linee di fondo: sono concetti che nel corso degli anni hanno costruito solidi ponti fra Spd e Cdu-Csu. Se alla Germania servirà una grande coalizione, difficilmente sentirete Merkel lamentarsi che "non è questo il governo che volevo". No, non lo farà mai. E la differenza con l'Italia, come si intuisce, è terribilmente enorme.

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