sabato 28 settembre 2013

L'AZZARDO DI BERLUSCONI IN UN SISTEMA ALLO SFASCIO


di Massimo Colaiacomo

     L'imprevisto, ma non imprevedibile, è accaduto. Silvio Berlusconi, si dice dopo aver saputo da Ghedini che erano in partenza ordini d'arresto nei suoi confronti, ha intimato ai ministri del PdL di dimettersi. Un gesto traumatico, figlio di una condizione disperata e di una condizione personale di forte sofferenza. Ha sbagliato? Ha fatto bene? Si potrà valutare dalle mosse successive perché in politica non esiste, come negli scacchi, la mossa risolutiva. Le dimissioni dei ministri precipitano il PdL in una condizione di isolamento politico e, sul piano mediatico, di sicura sofferenza. Ma, come si diceva, la politica è un arte in continuo divenire. La reazione di Enrico Letta ha sorpreso non meno delle dimissioni dei ministri del PdL. Il premier che usa parole taglienti non manifesta soltanto l'irritazione personale ma denota anche una condizione di impotenza rispetto agli sviluppi. Letta ha parlato stasera come un politico che sente di non avere ponti alle proprie spalle. Rimettere insieme la stessa maggioranza significa per Letta pagare un qualche prezzo sul piano programmatico (per esempio, la riforma della giustizia, invocata anche dal presidente della Repubblica).
     Una spia che gli eventi stessero precipitando si è avuta in mattinata quando il presidente Napolitano, in visita al carcere di Poggioreale, ha ripreso, quasi a freddo, il tema dell'indulto e dell'amnistia. Gli osservatori vi hanno letto il tentativo di socchiudere la porta per lasciar sfiatare gli umori sempre più densi e neri del Cavaliere. È invece probabile che Napolitano, avvertito delle intenzioni di Berlusconi, ha compiuto un ultimo affannoso tentativo di moral suasion.
     Berlusconi ha sbagliato i suoi calcoli? Oppure il suo azzardo è il risultato di un ragionamento politico su tempi più lunghi? Potrebbe avere sbagliato, per due ragioni: l'impatto mediatico, e sui mercati, è sicuramente negativo per l'Italia e pesantemente negativo per i consensi del PdL. Potrebbe invece aver fatto un calcolo più ambizioso. Il governo ha lasciato aumentare l'IVA e presto tornerà l'IMU con la sua seconda rata. Questi sono i primi prezzi sul conto di ogni famiglia italiana. Ma altri si preparano, con la ripresa dello spread e l'ulteriore riduzione del credito alle imprese.
     Enrico Letta che cosa potrà dire e fare martedì in Parlamento? Intanto, non potrà più dire prendere o lasciare. Per la ragione che i ministri del PdL hanno già scelto la seconda opzione. Davanti a Letta si aprono due strade: ricomporre la maggioranza, facendo concessioni al PdL sul piano del programma, magari affrontando la riforma della giustizia definita "gravemente malata" da Nichi Vendola; oppure tirare dritto, dimettersi e tornare in Parlamento a cercarsi una maggioranza ancora più raccogliticcia. Per fare che cosa? La riforma della legge elettorale? Con chi, se Grillo e Casaleggio hanno già detto che è meglio andare a votare con il Porcellum? C'è poi un ulteriore risvolto personale: Letta non rischia, con un governicchio rabberciato, di aprire un'autostrada a Renzi e precludersi ogni chance di restare in campo da protagonista?
     La reazione irritata di Letta alle dimissioni dei ministri del PdL è la spia di un uomo in affanno, ferito nelle sue ambizioni e malmesso nella sfida con Renzi. Questo non significa che Letta non provi anche una sincera afflizione per le conseguenze che la frantumazione del quadro politico provoca al Paese e agli italiani. Ma in circostanze drammatiche come questa è sempre la preoccupazione per il proprio destino personale che ha il sopravvento su tutto. Berlusconi non vorrebbe andare agli arresti domiciliari. Allo stesso modo Letta non vorrebbe chiudere in modo inglorioso la propria carriera non proprio recente. Mentre Renzi scalpita, come è ovvio, per lasciare la panchina nella quale rischia di rimanere a lungo.
     Letta può scegliere la strada coraggiosa di recarsi in Parlamento, e lì rilanciare lae sul piano del programma. Certo, la riforma della giustizia ricompattarebbe il PdL e nello stesso tempo spaccherebbe il Pd. Letta ha provato, su mandato di Napolitano, a mettere insieme uomini e storie per vent'anni su barricate diverse e sempre generosi nello spararsi addosso.
     La crisi di governo è la somma di più crisi: della rappresentanza parlamentare, debilitata dal Porcellum; delle istituzioni, poiché l'esercizio solitario di un potere abnorme da parte del Capo dello Stato ha accentuato il distacco fra la volontà popolare e i poteri decisori; della "ruling class" italiana, ridotta dalla globalizzazione al ruolo di circolo per anziani. Sono tutte queste crisi che si possono leggere stasera dietro i miserevoli fatti di un'altra inutilmente incendiaria giornata di politica italiana.

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