venerdì 10 luglio 2015

TSIPRAS FA UN BAGNO DI REALTÀ E I POPULISTI EUROPEI RESTANO ORFANI


di Massimo Colaiacomo

     Non è dato sapere, nel pomeriggio di venerdì 10 luglio, quale esito avrà la vicenda greca anche se gli sviluppi più recenti lasciano intravvedere un qualche accomodamento con l'Europa dopo la presentazione del piano di riforme con cui Alexis Tsipras impone sacrifici per circa 13 miliardi nel biennio 2015-2016. Si apre invece un altro capitolo, imprevedibile nei suoi sviluppi, sul piano interno alla Grecia. L'ala sinistra di Siryza ha già fatto sapere che il piano di Tsipras è inaccettabile, con il che  ha messo un punto interrogativo sul voto del Parlamento. Tsipras si prepara a un vasto rimpasto della maggioranza, lasciato intravvedere già all'indomani del referendum quando ha convocato una riunione con i partiti di centro Nea Democratia e To Potami.
     Che cosa ha spinto il controverso tribuno, diventato in poche settimane il leader dei populisti europei, a una virata tanto impegnativa quanto politicamente mortificante? Che cosa lo ha indotto, dopo aver vinto il referendum con cui ha convinto i greci a respingere il piano di Juncker, a presentarne uno dai costi sociali se possibile ancora più rilevanti? Analisi troppo sofisticate non portano lontano, e la prima risposta, la più istintiva, dice: il desiderio di conservare il potere, anche a costo di rimetterci la faccia.
     La vicenda greca ha provocato onde d'urto all'interno della politica dei Paesi mediterranei ma pare che non abbia smosso più di tanto le posizioni degli altri partner europei, tanto dell'eurozona quanto dell'Unione. La favola del popolo che si è espresso liberamente così esaltando la democrazia diretta si è dissolta con la velocità della luce e il maremoto populista che minacciava di squassare le già sfibrate istituzioni europee si è trasformato all'improvviso in un'onda di ritorno che colpisce Tsipras e i suoi imitatori italiani, francesi o spagnoli.
     In gioco non c'è soltanto il futuro dell'Unione. Perché la vicenda greca, e le modalità con cui Tsipras l'ha condotta fino al referendum, avevano messo in gioco il destino dei governi spagnolo, portoghese, irlandese e, perché no, anche quello italiano, cioè quegli esecutivi che le regole e i Trattati li hanno rispettati pagando anche un prezzo elettorale. Se Tsipras fosse riuscito a estorcere condizioni di favore sempre negate ad altri, l'Europa sarebbe crollata sulle sue gambe e Mariano Rajoy doveva prepararsi a un bagno elettorale annunciato in novembre. La prospettiva non appare ancora ribaltata, ma Rajoy può ragionevolmente pensare di impostare la sua campagna elettorale senza più lo spauracchio di una Grecia vincitrice al tavolo europeo
     Colpisce in tutto questo il vuoto politico di Forza Italia. Un partito che esiste soltanto quando si tratta di difendere il boss dai suoi guai giudiziari ma per il resto completamente vuoto di idee, reso acefalo dalla paura del populismo aggressivo di Matteo Salvini che, di fatto, scrive lo spartito per tutto il centrodestra italiano. La posizione berlusconiana "né con Tsipras né con l'Europa" ricorda i neutralisti che non si schierarono sulla partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale. Una posizione perdente allora, e addirittura mortale da reggere oggi in Europa. La filastrocca del capogruppo Brunetta, addirittura propenso a tenere un referendum, su Tsipras che avrebbe messo il re a nudo, sull'Europa da riformare e da rifondare, è intellettualmente debole e politicamente catastrofica. Forza Italia è di fatto isolata nella famiglia dei Popolari europei al cui interno sostiene una posizione minoritaria, senza capo né coda, ma soprattutto viene a trovarsi spiazzata rispetto a un altro leader del popolassimo, quel Mariano Rajoy attorno al quale Angela Merkel vuole costruire un fortilizio in vista del voto di novembre.
     Come si esprimerà Forza Italia sulle elezioni spagnole? Sosterrà Rajoy, che le regole europee le ha accettate con tutte le loro conseguenze, per trovarsi oggi stretto fra una ripresa vigorosa e l'assedio di Podemos, oppure sosterrà i populisti di Podemos che vogliono riscrivere i Trattati e finirla con le regole di Maastricht? Se provate a girare questa domanda a qualche esponente autorevole di Forza Italia la risposta sarà "né, né". Tipica di un partito che non ha più nulla da dire.


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