domenica 12 luglio 2015

ORE DRAMMATICHE PER L'EUROPA, TSIPRAS DOVRÀ FARSI DA PARTE (COME BERLUSCONI NEL 2011)


di Massimo Colaiacomo

     La mediazione della Francia per tenere la Grecia dentro l'Euro grazie al piano scritto dai tecnici del governo di Parigi è dunque fallita lasciando sul terreno una scia di diffidenza e di crescente irritazione da parte di Berlino, ma non solo. Perché la leggenda di "Berlino inflessibile" e madre di ogni austerity è svanita nella nottata di ieri. Con Berlino ci sono, oltre ai tradizionali alleati come Finlandia e Olanda, anche i Paesi "giovani" dell'Unione come Slovacchia, Lettonia, Estonia per non dire della piccola Malta. Tutti loro hanno alzato le mani di fronte agli ultimi dati squadernati sul tavolo da Eurostar che fotografano il debito pubblico greco al 200% del Pil, dunque in drammatica crescita rispetto al 125% fotografato all'inizio di questa crisi, circa un mese fa.
     Il debito greco non può essere tagliato, e non per l'intransigenza di Berlino o per la malasorte, ma perché si tratta di un debito verso istituzioni finanziarie come l'Est (European stability Mechanism) la cui natura pubblica impedisce qualsiasi haircut sul debito. Può essere riscadenzato nei termini, alleggerito nei tassi di interesse, ma tagliarlo sul conto capitale è impossibile perché significherebbe per ogni governo dover chiedere altri soldi ai propri contribuenti.
     Che cosa, dunque, impedisce all'Europa di accogliere il piano Tsipras? È la fiducia, hanno risposto all'unisono i ministri finanziari di Malta, Slovacchia, Finlandia e, con toni più felpati, lo stesso ministro Padoan. La fiducia è sinonimo di credibilità, cioè dell'affidabilità di un leader politico a essere creduto negli impegni che assume. E Alexis Tsipras, nonostante sia accompagnato da un nuovo ministro delle Finanze in sostituzione dell'imprevedibile Varoufakis, in questo momento non gode più della fiducia dei partner europei. Questo significa che a Bruxelles, alla Bce come a Berlino aspettano di vedere non solo un nuovo ministro delle Finanze ma soprattutto un nuovo premier.
     Tsipras è stato eletto nel gennaio di quest'anno da una larga percentuale di greci, pur senza disporre in Parlamento della maggioranza assoluta dei seggi per avere la quale ha dovuto allearsi con un movimento neo-nazista come Alba Dorata. Cambiare il premier perché inaffidabile per gli europei è una ferita alla sovranità della Grecia. Questo sul piano formale. Sul piano della sostanza, però, le cose sono messe in modo diverso, molto diverso.
     La maggioranza comunista-neonazista che governa ad Atene ha violato tutte le regole alle quali si era sottoposto il precedente esecutivo guidato da Antonis Samaras. Quelle regole sul rispetto dei parametri di Maastricht, come quelle sul Memorandum per il rientro dal debito fanno parte della quota di sovranità ceduta liberamente dalla Grecia, come dagli altri Stati membri dell'eurozona, per partecipare alla moneta unica. La loro violazione configura una riappropriazione indebita di quote di sovranità cedute in cambio di benefici finanziari. Mantenere quei vantaggi e pretendere di violare le regole non è possibile, sul piano della logica formale e del buon senso.
     È un alibi fin troppo comodo rovesciare sulla wicked couple Merkel-Schaüble la responsabilità del fallimento greco. Perché le premesse delle ore drammatiche che vive la Grecia e con essa l'Europa sono state poste "liberamente" dagli elettori greci e da loro ribadite, sia pure in modo ingannevole, con il referendum. Questo nodo può essere sciolto soltanto da Alexis Tsipras: con le sue dimissioni rapide e la nomina di un nuovo esecutivo, magari tecnico, per il quale da Bruxelles si potrebbe richiamare in servizio Venizelos. Esattamente come accadde in Italia nel novembre 2011. La vicenda greca, che si è svolta in modi più lineari, e insieme più assurdi, è la prova, quattro anni dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, che non c'è stato nessun complotto se non quello impietoso dei numeri. Tsipras ha presentato un piano di riforme molto debole e troppo diluito nel tempo mentre le riforme attese da alcuni lustri andrebbero implementate nell'arco di pochi giorni. Tsipras non ha la forza politica per farlo ma, si può immaginare, non troverà neanche alleati nel centrodestra greco disposti a concedergli il loro appoggio senza pagare un prezzo. Il prezzo da pagare sono oggi le dimissioni di Tsipras.

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