giovedì 17 ottobre 2013

NELLA FINANZIARIA LA RESA DELLA DEMOCRAZIA ALLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA


di Massimo Colaiacomo

Ci sono molti modi per ingessare le procedure tipiche della democrazia parlamentare. E sono diverse le circostanze che richiedono o addirittura impongono una buona ingessatura per salvaguardare la democrazia e l'impalcatura statuale nelle quale la identifichiamo. La Legge di stabilità approvata mercoledì dal Consiglio dei ministri rientra, consapevoli Letta e Alfano, nella categoria dei gessi flessibili. Essa prevede, nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, la cosiddetta clausola di salvaguardia, un tool ampiamente sperimentato già dal ministro Giulio Tremonti e dal governo di Mario Monti. Il funzionamento della "clausola" è di semplice ed efficace ruvidezza: scattano una serie di misure, tasse micro e macro, nuove accise. Insomma, si compie un "rastrellamento" forzoso dalle tasche dei contribuenti. Senza alcuna responsabilità della politica in quanto tale.
Insomma, un castigatore automatico come automatici sono i meccanismi della "democrazia di Maastricht". "La democrazia del 3%" (rapporto deficit-Pil), al pari della "democrazia del 60%" (rapporto debito-Pil) è il seme gettato da una vecchia generazione di europeisti ancora credenti nel sogno di un'Europa federale. Hanno gettato il cuore oltre l'ostacolo, lasciando alla generazione successiva di sbrogliare una matassa della quale essi stessi avevano smarrito il bandolo. Nasce così l'ingessatura del sogno europeo. Tutti allineati sulla linea di partenza, è stata la tragica illusione, come se non ci fossero décalage da superare, differenze, anche vistose, da recuperare.
Il Six pact è il gesso rinfrescato sugli arti malfermi dell'Unione europea (Italia, Spagna, Irlanda, Grecia) con il traguardo stellare di ridurre, a partire da gennaio 2015, il debito pubblico di 2 punti percentuali all'anno (grosso modo 42 miliardi di euro). Meccanismi che si vorrebbero automatici e ai quali una politica sempre più afasica risponde inserendo altri automatismi, come appunto la clausola di salvaguardia. Non riusciamo a raggiungere gli obiettivi concordati in Parlamento dalla maggioranza? Bene, scatterà una rappresaglia finanziaria per la quale non ci sono responsabilità politiche da invocare.
La china lungo la quale si incammina la politica è quella di una resa incondizionata alle sue stesse ragioni. Procedendo lungo questo sentiero si incontra il collasso della democrazia parlamentare, almeno per come è stata vissuta e conosciuta fino a ieri. Che non coincide necessariamente con il tracollo della democrazia tout court. Certo, fenomeni come l'antipolitica, almeno quella che vediamo in Italia, hanno molto a che fare con la perdita di ruolo e di funzione della politica tradizionale. In Francia, per esempio, non si può archiviare come antipolitica la crescita di consensi per Marine Le Pen. Lì c'è un fenomeno di rigetto dell'Europa che ha basi sociali ed economiche molto solide e antiche. Marine Le Pen ha in qualche modo riesumato la voce potente dello scetticismo gaulliano verso l'Europa unita contro la quale rilancia l'Europa delle Patrie.
Grillo e il grillismo sono la risposta a una politica che si ostina a difendere l'europeismo tradizionale dell'Italia adottando però strumenti e risposte inadeguate per intestarsi il titolo di Paese stabile e affidabile. La politica dovrebbe fare quello che non vuole (tagliare la spesa pubblica con la scure), ma fa quello che non deve (mantenere una pace sociale i cui costi sono socialmente insostenibili e incompatibili con i parametri europei).
È in queste ragioni lo scetticismo sulla Legge di stabilità. Per essere una finanziaria da "larghe intese" è davvero asfittica, se confrontata con la finanziaria da "Grosse Koalition" varata da Merkel nel 2005. Essa fotografa il presente, prova a tracciare una curva ma non sufficiente per portare la finanza pubblica fuori dal percorso al termine del quale c'è il baratro. Quel baratro, però, non è lo sfracelo del Paese. Esso ha l'aspetto di quei signori austeri che girano l'Europa del sud con scritto nel biglietto da visita: Fondo monetario Internazionale, Banca Centrale europea, Unione europea. Chissà se in fondo al baratro sempre evocato e temuto non ci sia la salvezza dell'Italia.  


 

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