giovedì 17 ottobre 2013

CHI AMA ISRAELE DICE NO AL PROVVEDIMENTO SUL NEGAZIONISMO

di Massimo Colaiacomo

L'idea di rendere obbligatoria la memoria del genocidio è soltanto l'ultima delle aberrazioni prodotte dalla narrow correctness asfissiante del nostro tempo. È tipico delle dittature il tentativo di costruire o ricostruire il passato e imporlo al presente con la forza delle leggi. Così l'idea stessa di proibire a qualsivoglia titolo la negazione del genocidio del popolo ebreo può essere partorita soltanto in un Paese e da una classe politica che deve mondarsi di gravi peccati (le leggi razziali del 1938) ed esorcizzare un presente scosso dal vento lugubre dell'antisemitismo.
Esiste, ed è innegabile, un nesso profondo fra le espressioni più truculente dell'antisemitismo di questi anni e un'avversione profonda verso lo Stato di Israele che affonda le sue radici nella prima guerra del Medio Oriente (1967). C'è una fetta importante del ceto politico, soprattutto di sinistra, ostinata a negare l'esistenza di questo nesso. Per la ragione che riconoscerlo avrebbe comportato un'autocritica di non poco conto sulla politica estera italiana e sull'atteggiamento della nostra diplomazia riguardo alla "questione" israeliana.
Per dirla con le parole pronunciate qualche anno fa da Walter Veltroni, si può criticare la politica di Israele nei territori occupati ma questo non significa coltivare sentimenti antisemiti. La dialettica veltroniana non faceva una piega, almeno in superficie. Scavando un po' più a fondo, si poteva invece scoprire un tessuto raggrinzito di luoghi comuni soltanto in apparenza lontani dall'antisemitismo ma in realtà profondamente congiunti ad esso.
Alcuni esempi: se la politica di Israele nei Territori occupati è sbagliata e i coloni si rifiutano di abbandonare le case costruire a Est del Giordano o sul versante israeliano della Bekaa, non è una critica generica al governo di un Paese generico. In discussione si sta mettendo la politica di un Paese impegnato dal 1948, anno della sua nascita, a difendere "il diritto a esistere". Questo aspetto quasi mai è presente nel discorso pubblico in Europa. "Diritto a esistere", cioè il diritto di uno Stato e del suo popolo a vivere e vedersi riconosciuto per questa sola ragione.
La critica ai governi israeliani, quindi, per quanto legittima e politicamente plausibile, non ha mai scontato in partenza questo handicap: criticare Israele significava, dal punto di vista israeliano, criticare il suo diritto a esistere.    Si aggiunga a questo, il filo-arabismo tradizionale della Farnesina, matrice del dominio democristiano e andreottiano in quel dicastero, spesso motivato con la "necessità" di buoni rapporti con i Paesi produttori di petrolio.
Comportamenti del presente e omissioni della memoria fanno spesso un tutt'uno in una miscela malmostosa che sprigiona sentimenti talmente estranei capaci di sorprenderci. Negare il genocidio deve essere una possibilità da riconoscere. La questione è un'altra: per affermare che esso è stato compiuto e realizzato bisogna nutrire la coscienza dell'opinione pubblica, alimentare la memoria di ciò che è stato ma, ancora più significativo, rischiarare il giudizio critico della persona facendo conoscere in lungo e in largo perché da quel genocidio è nato lo Stato di Israele e perché questo Stato, costretto dai fatti a sbagliare e a caricarsi sulle spalle mille errori, è oggi l'unico Stato sulla Terra che combatte per affermare il proprio diritto "a esistere". Se nell'opinione pubblica europea non prende a circolare una visione più liberale e meno dogmatica sulle vicende mediorientali attuali non si vede di quale utilità possa essere una legge che vieta di negare il genocidio. Parola, fra l'altro, che è altra cosa da "olocausto", come ama ripetere un ceto politico formato sui Bignami di storia. Shoah non è un sacrificio umano fatto a Dio (quale Dio, poi, per il Führer?). Shoah è lo sterminio scientifico del popolo di Abramo e di Isacco, un popolo senza il quale non sarebbe mai esistita l'umanità di cui siamo parte.
Se un ragazzo afferma che lo sterminio degli Ebrei è stato realizzato dal nazismo ma che la politica attuale del governo israeliano ripete verso gli arabi gli stessi errori di cui gli ebrei sono state vittime, avremo costruito una nuova specie di antisemita "in vitro". Qualcuno provi a spiegare questo alla presidente della Camera Boldrini e all'on. D'Alema.

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