sabato 5 ottobre 2013

DUE FRONTI APERTI PER ALFANO, DECISIVO QUELLO DEL GOVERNO

 
di Massimo Colaiacomo
     Il centrodestra, cioè il PdL, ha ancora la forza per imporre al rimpannucciato esecutivo di Enrico Letta il rispetto degli accordi di politica fiscale? Oppure il premier e il ministro Saccomanni si preparano, senza maliziosi obiettivi politici, a decretarne la nullità e quindi a ripristinare (parzialmente) la seconda rata dell'Imu al solo scopo di riportare sotto il 3% il rapporto deficit-Pil? Attorno a queste questioni si giocano un pezzo del loro futuro il governo, Enrco Letta e il PdL a trazione alfaniana.
     Alfano ha messo le mani sul timone, ancora scivoloso, del PdL. Separando la stabilità dell'esecutivo dalla vicenda giudiziaria di Berlusconi, è riuscito a tirare dalla sua parte il predestinato, non più unto dal Signore, nella battaglia interna con la componente radicale. E ha segnato un punto importante a suo favore. Ma la partita di Alfano si gioca su due campi. Se Berlusconi è pronto a sostenerlo, con alcuni paletti, nella conquista del partito, più insidiosa è la partita che lo attende nel governo. Da un paio di giorni, per esempio, il Pd ha preso a tambureggiare sul buco di bilancio da colmare, secondo il vice ministro Stefano Fassina, riesumando la seconda rata dell'Imu, sia pure limitata alle case con una rendita catastale superiore a 750 euro.
     Alfano non può accettare questa impostazione senza compromettere mortalmente la sua battaglia nel partito. Non poteva accettarla fino a ieri, perché contraria alla volontà del suo padre politico; a maggior ragione non può accettarla oggi perché quello che sbrigativamente e fantasiosamente è stato rubricato come un tradimento, acquisterebbe d'improvviso una concretezza terribile. Se Alfano accettasse una sia pur minima inversione di rotta nella politica fiscale del governo, la spaccatura del PdL, fin qui temuta o anche solo evitata, diventerebbe una necessità e la componente "radicale" si troverebbe legittimata a passare all'opposizione dell'esecutivo Letta. Applausi, sul momento, da Letta e Pd per questa spaccatura ma poi, rinsavendo, si troverebbero con un Alfano malconcio e i numeri della maggioranza tornati sul filo del rasoio.
     È ovvio che Alfano eviterà di commettere un errore simile, né si vede chi potrebbe indurvelo dei ministri che lo hanno assecondato nell o strappo. Esiste, nel Pd, e non è meno legittima, la tentazione politica di monetizzare la sconfitta di Berlusconi attraverso un revirement nelle politiche economiche e di bilancio del governo.
     Alfano, Quagliariello e Lupi sanno di dover giocare due partite complesse ma inevitabilmente contemporanee e contro avversari che venderanno cara la pelle. Il Pd sa che senza una frattura del PdL non potrà accontentarsi di mostrare al suo elettorato la testa di Berlusconi. Alfano sa che una frattura del PdL lo renderebbe più debole nella maggioranza, costringendolo a una guerra di trincea con il Pd e i "radicali" PdL dai quali non può aspettarsi nessuno sconto.

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