domenica 21 luglio 2013

LETTA ACCETTA LA SFIDA, IL GOVERNO ENTRA NELLE DINAMICHE DEL PD (E DEL PDL) E SI RAFFORZA


di Massimo Colaiacomo

Enrico Letta ha deciso dunque di posizionare il governo rispetto alle dinamiche interne ai partiti, e non solo al Pd. Perché, a ben guardare, la contrarietà a qualsiasi rimpasto o tagliando di governo, comunicata ieri dal ministro Franceschini, contiene in sé una clausola vincolante per il Pd non meno che per il PdL: l'esecutivo non cambia la propria né il suo programma, né a settembre ma neppure dopo il 30 luglio, giorno della sentenza della Consulta sulla vicenda Mediaset.
Le dichiarazioni di Franceschini, unite a quelle del ministro Zanonato sulla determinazione del governo a non aumentare l'IVA e a cancellare l'IMU (per la verità, la norma sarà riscritta e non cancellata), sono tessere di una controffensiva che vede l'esecutivo compatto nel respingere l'assedio del Pd e nell'anticipare le difficoltà del PdL conseguenti a un'eventuale condanna di Berlusconi. Letta ha insomma realizzato che il governo non può restare fermo rispetto alla dialettica dei partiti, sia che si tratti dello scontro congressuale, combattuto senza esclusione di colpi nel Pd, sia che si tratti delle reazioni del PdL alle vicende giudiziarie del suo leader. E' evidente che un governo divenuto politicamente "interventista" rispetto alla sua maggioranza si espone a qualche rischio in più, quanto meno deve prepararsi a incassare nuovi colpi bassi.
Letta, però, non ha alternative. Muovendosi come ha fatto nelle ultime ore, ha in qualche misura "neutralizzato" gli umori del PdL quando, all'indomani della sentenza della Consulta, dovesse ritrovarsi decapitato del suo leader. Il fatto che Berlusconi si sia spinto oltre ogni limite di prudenza nel suo sostegno convinto al governo può autorizzare mille retropensieri. Non ultimo quello di aver percepito una sentenza per lui benevola o quanto meno interlocutoria, nel senso che la Consulta si riunisce il 30 luglio, impedisce la prescrizione parziale dei reati riconosciuti in Appello, e rinvia il tutto all'autunno.
Non è molto diverso l'atteggiamento verso il Pd. Le turbolenze quotidiane che scandiscono il dibattito congressuale in quel partito sono destinate a crescere di intensità e di pari passo aumenta la tendenza a scaricare sull'esecutivo le tensioni interne. In assenza di reazioni, il cortocircuito per il governo sarebbe pressoché garantito. Si spiega così la controffensiva governativa con i ministri Franceschini, Zanonato, Carrozza uniti come i tre moschettieri nel respingere ogni richiesta di "tagliando" autunnale per l'esecutivo, per non dire di un eventuale rimpasto.
Il richiamo di Letta a concentrarsi sulle risposte da dare al Paese, in sintonia con le affermazioni di Napolitano,  è stato rivolto naturalmente a tutti i partner di maggioranza. Ma è nel Pd che le sue parole hanno aperto una ferita profonda. Il fatto che un ex-popolare come Fioroni ipotizza il rinvio del congresso (argomento tabù fino a ieri) è la conferma, in qualche misura, che si comincia ad avvertire il rischio dei troppi fuochi accesi dentro il Pd, con il rischio di appiccarlo anche al governo.
Per queste ragioni il premier Letta ha ripetuto che la vicenda Ablyazov è da considerarsi chiusa a tutti gli effetti. Per le ragioni esattamente opposte, invece, Epifani ha ribadito ancora stamane in un'intervista a l'Unità che quella storia non è affatto chiusa. Epifani rischia di vedersi saltare il partito, ma Letta rischia di vedersi saltare il governo ove accettasse di tenere Alfano a bagnomaria.
Per entrambi il rischio è di dar vita così a un braccio di ferro destinato a indebolire sicuramente la maggioranza, già scarsamente coesa, senza peraltro aprire la strada a soluzioni alternative allo stato inesistenti o di pura fantasia. In questo gioco a incastro, con le tessere mai al loro posto, si inserisce agevolmente il vento del populismo grillino. Come conferma l'intervista, dai toni decisamente terroristici, di Casaleggio al sito del comico. Evocare un autunno di fuoco, con la gente che scende nelle piazze, equivale a spargere benzina in una prateria già in fiamme. Casaleggio e Grillo hanno bisogno di evocare paure e scenari catastrofici per tenere il tiro alto sul governo. Devono tentare, con la speranza di una sorte migliore dell'archetipo, di battere la strada della profezia che si autoavvera evitando la fine dello stregone vittima del suo stesso sortilegio. La realtà quotidiana è molto più prosaica e racconta agli italiani le stesse paure che da qualche mese si sono impossessate dei tedeschi come dei francesi, dei danesi come degli spagnolo o dei greci. Dopo il 22 settembre, quando Angela Merkel, se i pronostici saranno confermati, sarà stata rieletta alla cancelleria, allora l'Europa, e dunque l'Italia, girerà pagina. E nelle nuove pagine sarà difficile trovare un posto per Grillo&C. 

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