martedì 9 febbraio 2016

NELLA BATTAGLIA DI ROMA IL CENTRODESTRA SI GIOCA TUTTO CONTRO MARCHINI



di Massimo Colaiacomo


     Le elezioni non sono mai una vicenda locale quando si svolgono in città come Roma e Milano da sempre decisive negli equilibri politici nazionali, o perché li consolidano oppure ne anticipano i mutamenti. In entrambi i casi, la battaglia di Roma non sarà priva di riflessi dentro il PD e, in tempi più lunghi, nella maggioranza di governo. Renzi può vincere a Milano e perdere a Roma, con ciò limitando il danno di un passaggio elettorale che il premier ha tutto l'interesse a circoscrivere in un perimetro locale.
     Nel centrodestra che insegue la partita nella Capitale è molto più complicata. Se la sfida a Milano appare difficile se non proprio compromessa, a Roma è un imperativo assoluto vincere una battaglia che, al contrario, si sta mettendo tutta in salita, anche per gli errori del centrodestra. Berlusconi, Salvini e Meloni devono conciliare due esigenze mai come in questo momento difficili da conciliare: tenere unita la coalizione e vincere la corsa al Campidoglio. Nel primo caso, si sa, il partito di Giorgia Meloni ha alzato un muro sul nome di Alfio Marchini, il candidato "civico" al quale Berlusconi guarda da sempre con simpatia intermittente. Sarebbe tentato dalla sua candidatura per diverse ragioni, non ultima la capacità riconosciuta a Marchini di rimettere insieme settori dell'elettorato moderato attirati nell'orbita renziana ma non del tutto stabilizzati. Contro Marchini, però, Meloni e Storace hanno lanciato la storia famigliare, a Roma ben conosciuta come quella di una famiglia di forti simpatie comuniste.
     Come aderire al veto della destra sociale e trovare un candidato con le caratteristiche di Marchini, ma senza la sua storia, per vincere a Roma? È un rebus pressoché irrisolvibile. I nomi che circolano in queste ore, quello di Fabio Rampelli, esponente storico della destra missina a Roma, e del magistrato Simonetta Matone, volto noto televisivo ma estranea alla scena politica, prefigurano opzioni molto diverse. Il primo segnalerebbe un centrodestra blindato in un perimetro sempre più avaro di consensi, Nel secondo caso, invece, giocando la carta della novità, si punterebbe a rompere le uova nel paniere di Alfio Marchini sovrapponendogli un candidato con caratteristiche molto simili. Rimane il fatto che Marchini è in campo da tre anni, si è costruita una base di consensi piuttosto solida potendo oltretutto esibire un alto livello di autonomia rispetto al centrodestra tradizionale. Sotto questo aspetto la sfida di Roma, quale che sarà il suo esito finale, contiene un'altra sfida forse ancora più importante: è quella fra Alfio Marchini, deciso comunque a tirare dritto quale che sarà la decisione di Berlusconi, e il ceto politico del centrodestra costretto a difendersi da una candidatura che minaccia di insidiarne la leadership non solo locale. Marchini punta a raccogliere i voti del centrodestra senza la benedizione dei suoi leader. Una sfida mortale per Berlusconi, Salvini e Meloni.    

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