domenica 10 novembre 2013

SE UN GIORNO GLI OPERATORI SCOLASTICI TORNASSERO BIDELLI (LA SPESA PUBBLICA SCENDEREBBE DI 10-15 MILIARDI DI BOTTO ...)

        di Massimo Colaiacomo

        L'Italia affoga in un oceano di ipocrisia. Gli affluenti principali scendono dai palazzi della politica, s'ingrossano e diventano laghi nella società, nei cosiddetti corpi intermedi (sindacati, associazioni di categoria). Come una coltre spessa e polverosa, l'ipocrisia ha inghiottito figure e ruoli sociali, funzioni, professioni, lavori. L'atomizzazione sociale è stato il colpo di grazia su un tessuto civile storicamente fragile e mai compiutamente cucito fino al punto da assumere l'aspetto di Popolo o di Nazione. La furia iconoclasta sotto i cui colpi sono caduti ruoli sociali, funzioni e lavori ha lasciato un campo di macerie, e l'ipocrisia ha ricoperto tutto. Un'ipocrisia costosa in termini sociali, ricattatoria verso la finanza pubblica e devastante verso le generazioni future alle quali sarà più difficile ancora declinare il termine "italiano".
Il desiderio di sterilizzare il conflitto sociale nascondendolo sotto la maschera del sociologismo ha distrutto figure nobili la cui memoria ha lasciato tracce indelebili nella biografia di generazioni di italiani. Lo scopino o spazzino è sparito, ribattezzato operatore ambientale. Con lui sono diventate "operatori" tutte le altre figure legate alla nostra infanzia: il bidello, il ghisa-pizzardone-vigile. Tutti loro operano, spogliati del loro ruolo sociale, privati della loro identità lavorativa. Tutti sono mal pagati, ma nessuno di loro ha più un'identità da far valere. Sono soltanto operatori che operano, nannimorettianamaente sono costretti a dire che per per vivere "vedo persone, faccio cose".
Il bidello doveva pulire le aule al termine delle lezioni, lo scopino passava alle prime luci dell'alba per pulire le strade. Lo stesso valeva per il pizzardone-ghisa. O il portantino in ospedale, che ogni mattina alle 5 in punto puliva le corsie. Il bidello non pulisce più le Aule, lo scopino è stato soppiantato da rumorosi camion e il portantino, mansionario alla mano, porta un pulmino all'interno degli ospedali.
La pulizia di ospedali, aule, strade, uffici è appaltata a ditte esterne. Quanto costa allo Stato, cioè a ogni contribuente italiano? Qualcuno ha mai fatto i conti? Secondo uno studio dell'Anci, non molto diverso da una ricerca di Bankitalia, si stima in circa 10 miliardi all'anno la spesa sostenuta dallo Stato per la pulizia di tutti i luoghi pubblici (con l'eccezione delle strade) appaltata a ditte esterne.
Nessuno dei politici ha mai pensato di indicare in questa voce di spesa il terreno più adatto per tagli vigorosi della spesa pubblica. Perché? Certo, perché i mansionari - autentiche tavole della legge - dicono che il bidello non deve più pulire le Aule né il portantino le corsie degli ospedali. Su quei mansionari, insomma, è scritto che ciascuno dei 60 milioni di abitanti dell'Italia deve sborsare più di 150 euro all'anno per finanziare la pulizia di scuole e ospedali.
  Chi ha redatto i mansionari? E chi controlla grandi e piccole società di pulizia? Qualcuno ipotizza che i mansionari siano stati redatti da persone divenute successivamente titolari, direttamente o indirettamente, delle stesse società chiamate a pulire le scuole. Politici, loro familiari o parenti, sindacalisti e affini hanno e in che misura una qualche cointertessenza nella conservazione dello status quo? Dieci miliardi tagliati alle pulizie, e bidelli e portantini restituiti alla dignità del loro ruolo, significano un taglio del cuneo fiscale pari ad almeno 50 euro al mese.
Il commissario alla spending review conosce questa realtà? Ha il mandato per agire in questa direzione o gli hanno fornito un pacco di carta assorbente soltanto per asciugare qualche goccia di troppo dal fiume di spesa pubblica inutile che continua a scorrere in tutta Italia?
Un ex presidente della Consulta confidava, durante una cena, che al Consiglio di Stato vigono norme sindacali per le quali una dattilografa, figura preziosa per la scrittura delle sentenze, una volta promossa e passata alla qualifica superiore, perde l'obbligo di scrivere a macchina o al computer. Così, qualche anno fa, c'è stata un'infornata di promozioni e il risultato è stato che il Consiglio di Stato ha dovuto appaltare a una società esterna la scritture delle sentenze, materia peraltro di qualche riservatezza d'ufficio. Il risultato è stato più spese per l'aumento di stipendio e più spese per l'appalto della redazione delle sentenze a una ditta esterna. Il commissario alla spending review conosce questa, e chissà quante altre realtà ad essa simili o assimilabili?
L'impressione sempre più netta è che qualsiasi revisione della spesa pubblica è pressoché impossibile senza coinvolgervi a pieno titolo le organizzazioni sindacali, appaltatrici in proprio della dichiarazione dei redditi di milioni di lavoratori e pensionati. La spesa pubblica è difficile da tagliare, ma non per il timore, come si crede, di lasciare frotte di italiani sul lastrico. No, è difficile da tagliare perché le sue fonti sono coperte dal mare di ipocrisia di chi dovrebbe tagliare quella spesa.
Quando si ipotizza in 60 o 70 miliardi di euro l'ammontare dei taglidi spesa, si fa un'ipotesi minimalista. Si potrebbe tagliare molto, ma molto di più. E restituire quei soldi ai loro legittimi proprietari, cioè i contribuenti che pagano le tasse. 

 

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