martedì 5 novembre 2013

GOVERNO IN CERCA DI MINISTRI (E DI PREMIER)

di Massimo Colaiacomo

     Capita a tutti nella vita di andare in bambola affrontando una circostanza imprevista o nel mezzo di una situazione mal calcolata. La politica è parte della vita (parte, non la vita) e capita quello che capita nella vita. Per esempio che ministri dello stesso governo vedano situazioni diverse per uno stesso problema, oppure che gli stessi ministri vedano probemi diversi da una stessa situazione. Succede anche al presidente del Consiglio Enrico Letta i cui ministri bisticciano sullo stato del bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto. Per il ministro del Welfare Enrico Giovannini l'aumento della disoccupazione nel 2014 è da considerarsi "fisiologico". I moralisti arricciano il naso, ma non è il caso. Con il naso si possono arricciare anche le orecchie se si leggono le motivazioni date da Giovannini. Eccole: "quando c'è una ripresa economica - ha spiegato Giovannini intervenendo a "L'Economia prima di tutto" -  molte delle persone che al momento sono scoraggiate e non cercano lavoro, si mettono alla ricerca del lavoro quindi che il tasso aumenti è del tutto fisiologico. Quello che è più importante è che questa ripresa porti più posti di lavoro".
     Per chi non avesse capito, la situazione attuale è questa: ci sono disoccupati invisibili, non censiti da nessuna statistica, insomma fantasmi che sfuggono a ogni rilievo per la ragione che il lavoro non c'è e allora tanto vale starsene chiusi nelle mura di casa. Fra qualche mese, quando il Pil riprenderà a crescere, quei disoccupati si decideranno ad abbandonare le confortevoli mura domestiche e torneranno presso gli uffici delle Agenzie del lavoro senza trovarvi il lavoro annunciato dalla ripresa. Che cosa succede allora? Semplice: quei disoccupati cessano dalla loro condizione di "invisibili" e diventano disoccupati riconosciuti, ufficiali e identificabili.
     Questo è una parte dello stato dell'arte nel governo italiano. L'altra parte la racconta il viceministro dell'Economia, Stefano Fassina. Meno smaliziato politicamente del ministro Giovannini, Fassina calcola che con una crescita nel 2014 stimata dell'1% non si avranno conseguenze significative sull'occupazione. Tradotto: la crescita è talmente misera che non ci saranno posti di lavoro in più. Anzi: la disoccupazione toccherà il livello record del 12,4%.
     La gravità "fisiologica" di queste affermazioni è stata aggravata, mentre scrivo questa nota, dalle stime della Commissione europea per il 2014. Stime in linea con quelle dell'Istat per quanto riguarda la crescita del Pil stimata allo 0,7% per il prossimo anno, con il debito che arriva al 134% del Pil e il deficit al 2,7%. Tutto questo che cosa significa? Significa alcune cose molto brutte per l'Italia: afferreremo la ripresa per la coda ma non ne saremo trascinati. L'eurozona è vista in crescita dell'1,1%, mentre il debito salirà al 90,2%: quello dell'Italia, fotografato al 134%, risulterà superiore del 50% rispetto alla media eurozona.
     Sono previsioni fosche, per usare un eufemismo. Il fatto è che il governo ha fatto confusione fra i mezzi e il fine della sua azione: ha trasformato la stabilità nel suo unico fine, e non nel mezzo per fare quelle operazioni incisive e chchirurgiche dlla società italiana. La crescita dello 0,7%, se confermata, significa che un Pil di circa 1450 miliardi nel 2013, crcrescerei poco più di 10 miliardi. Mentre gli interessi sul debito, secondo le stime di Maria Cannata vice direttore di Bankitalia, ammonteranno nel 2014 a circa 85 miliardi di euro. Una situazione prossima al default, considerando che dal 2015 l'Italia dovrebbe ridurre di circa 45 miliardi l'anno il proprio debito: quindi, 45 miliardi di riduzione del debito sommati ai circa 85 di interessi (nello scenario di tassi stabili) significa trovare ogni anno 125 miliardi di euro. Che è come dire: arrendetevi e uscite mani in alto. A meno che tutta L'Eurozona non riconosca che il Fiscal compact è stato solo uno scherzo di pessimo gusto.

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