lunedì 25 novembre 2013

LA SOLITUDINE DI NAPOLITANO NELL'ULTIMA BATTAGLIA

di Massimo Colaiacomo

Una nota ufficiosa e risentita per rispondere alle critiche di Berlusconi; silenzio - si presume con profonda irritazione - per il rispetto senza venerazione di Matteo Renzi: il Quirinale è nel mirino di una polemica sempre più martellante con settori più o meno vasti del Parlamento, e non solo delle opposizioni. A parte il fuoco quotidiano di Beppe Grillo e l'asprezza dei toni berlusconiani, sono le critiche via via crescenti - nei toni e nelle argomentazioni - di Matteo Renzi a rendere complicato il già delicato ruolo di equilibrio del presidente Napolitano.
Renzi, in attesa dell'investitura delle primarie, insieme a Grillo e a Berlusconi costituiscono una vasta area parlamentare che da ruoli diversi, di maggioranza e di opposizione,  vede in Napolitano l'ostacolo più difficile da rimuovere sulla via delle elezioni anticipate. Napolitano ha varcato non da oggi il Rubicone della presidenza notarile: non è stato solo l'artefice, con il beneplacito di Berlusconi, dell'attuale governo di "larghe intese", ma ne è divenuto con il tempo anche il principale e più strenuo difensore al punto da mettere tutto il suo peso nei più recenti e complicati passaggi parlamentari. Valga per tutti la vicenda del ministro Cancellieri per superare la quale, ed evitare la sfiducia, Napolitano non ha esitato a dare una copertura istituzionale e personale come mai era prima accaduto. Al punto da mettersi contro il suo stesso partito, un PD sempre diviso e che rischia di dividersi ancora di più proprio sul sostegno al Quirinale.
Napolitano è qualcosa di più che il tutore di Letta. Egli è ormai il simbolo stesso di questo governo la cui maggioranza rischia di sfaldarsi proprio sulla opportunità, e sulla invadenza senza precedenti, della tutela quirinalizia. Al punto in cui si è spinto nella sua strategia, tutto lascia presagire che Napolitano dovrà compiere il gesto estremo delle sue dimissioni nel caso in cui Renzi dovesse decidere da qui a gennaio che le larghe intese vanno archiviate.

Si tratta di un'ipotesi meno remota oggi di quanto non fosse ancora qualche settimana fa. Perché il Quirinale si sia dovuto esporre fino a tal punto è evidente: avendo Napolitano legato la sua rielezione alla nascita di un governo con una vasta maggioranza, non potrebbe accettare un quadro politico tale da negare il significato della sua rielezione. Qualcosa tessera di questo complesso mosaico però non è andata al posto giusto. Viene da chiedersi, per esempio, in che modo e quando Napolitano ha ritenuto di poter fare a meno della "tessera" di Berlusconi essendo stato il leader del PdL uno dei principali sponsor dell'attuale maggioranza. La sua decadenza da senatore è stato un evento imprevisto nel disegno del Quirinale, oppure Napolitano aveva messo in conto un'ascesa "resistibile" di Renzi e, tutto sommato, un PD docile agli ordini del Quirinale? Il venir meno dell'uno (Berlusconi) e le divisioni dell'altro (PD) lasciano ora il Colle in una condizione di solitudine. Certo è che l'ultima cosa che Napolitano si aspettava nella sua lunga carriera era di ritornare "in minoranza" nel Parlamento. Avendo legato il destino del suo mandato a quello del governo Letta, rischia ora di trovarsi in minoranza anche nel Paese.

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