lunedì 5 agosto 2013

MAGGIORANZA PIÙ RISSOSA MA LETTA PIÙ INSOSTITUIBILE


di Massimo Colaiacomo

Il governo Letta si conferma quello che abbiamo più volte rilevato in questo blog: un frangiflutti meno precario di quel che appare se è vero che le ripetute mareggiate che lo scuotono non ne hanno scalfito più di tanto la prospettiva politica. Con ciò confermandolo come punto di equilibrio in un sistema di impotenze - Pd e PdL - costrette a una convivenza che diventa sempre più difficile ma, con il passare del tempo, sempre più obbligata.
Si sta parlando qui dello strano caso di un esecutivo la cui forza risiede nelle contraddizioni di fondo della  maggioranza che lo sostiene e i cui soci principali non hanno un'alternativa credibile alla convivenza forzata scaturita dalle urne e somministrata al Paese dal buon senso di Giorgio Napolitano. Uno scenario simile, però, ha messo solo in parte le ali alle politiche economiche e di bilancio del governo. Letta, a ragione, snocciola una serie di provvedimenti, ragguardevoli e importanti: dal rifinanziamento delle infrastrutture alla revisione complessiva della politica fiscale sulla casa; dal blocco dell'aumento dell'IVA (le cui coperture sono ancora da definire in maniera strutturale) agli incentivi alle imprese per l'assunzione dei giovani. 
Non gli si può dar torto: sono misure pesanti, e con un impatto notevole sulla congiuntura. Letta ha dato precedenza alle politiche di rilancio e lo ha fatto muovendosi sul sentiero stretto, ma reso meno angusto dopo l'uscita dell'Italia dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, dei vincoli di bilancio. Perché allora si rincorrono le voci fra gli operatori finanziari e nelle cancellerie, non solo europee, su un autunno a rischio per l'Italia? La risposta è da leggere sui monitor degli operatori in Titoli di Stato: il debito pubblico italiano ha rotto soglie psicologiche importanti, raggiungendo la cifra ragguardevole di due trilioni e 50 miliardi di euro. Anche se i mercati fingono di non essersene accorti, dal momento che proprio oggi lo spread si è portato sotto la soglia dei 260 punti base con il Bund decennale tedesco.
Cosa è che rende un'incognita l'autunno del debito pubblico italiano? Il  timore di qualche operatore, ma anche di grandi banche italiane, è che la speculazione potrebbe essere tentata di mettere alla prova le difese dell'euro alzate nel luglio del 2012 dal governatore Mario Draghi. Il meccanismo OMT (Outright monetary transaction, in pratica acquisto illimitato di Titoli di Stato dei Paesi in difficoltà) ha fin qui agito da deterrente contro la speculazione. L'interrogativo è proprio qui: se la speculazione volesse saggiare la resistenza dlel'OMT che cosa accadrebbe allo spread? E davvero la BCE terrebbe fede all'annuncio di un anno fa? Acquisto illimitato è un'espressione retorica, perché nella realtà si tratta di acquisti limitati essendo l'OMT un meccanismo studiato per acquistare Btp, Bonos e Titoli greci con scadenza triennale e il totale di queste emissioni sfiora circa 450 miliardi di euro.
La decisione di Draghi lascia aperte altre non meno spinose questioni per l'Italia. Se la BCE concentra la sua difesa dell'Euro sui titoli "corti", non invoglia così la speculazione ad aggredire i debiti pubblici più vulnerabili sulla parte lunga, assai più sostanziosa e quindi anche più difficile da difendere per le risorse non illimitate della BCE? Su questo punto tutti tacciono, in attesa di capire come si pronuncerà, a settembre, la Corte di Karlsruhe davanti alla quale pendono diversi ricorsi contro l'OMT (su uno dei quali, presentato da Oskar Lafontaine, il Vendola tedesco, farebbe bene a svolgere qualche riflessione la sinistra italiana). Al giudizio della Corte tedesca si affiancherà quello degli elettori quando, il 22 settembre, si recheranno alle urne per scegliere il nuovo cancelliere.
E' in questo contesto europeo, in cui a motivi di turbolenza si affiancano ritrovati elementi di stabilità, che l'esecutivo italiano deve inserire il Documento di economia e finanza e dunque la manovra di politica economica che lo accompagna. Dopo la sentenza della Cassazione che ha chiamato il tie-brek di Berlusconi, all'esecutivo si è aperto qualche nuovo spazio di manovra politica. L'indebolimento vistoso del PdL, alla ricerca affannosa di un "ubi consistam" sul dopo-Cavaliere, ne ha anche minato le capacità negoziali con il governo. Capitoli spinosi come IMU e IVA restano tali, ma se ad essi si deve affiancare anche la riforma della giustizia Letta si ritrova una carta in più da giocare al tavolo del negoziato con i partiti. Nessuno scambio giustizia-fisco (sarebbe un suicidio politico-elettorale per il PdL) ma i conti con la realtà non si possono nascondere sotto il tappeto.
Oltre questo esecutivo, per il PdL c'è il salto nel vuoto e un avvitamento nella protesta populista più sbracata dalla quale non potrebbe sarebbe impossibile tornare indietro. Oltre questo esecutivo, per il Pd c'è il salto nel buio di un sistema di alleanze alla sua sinistra privo di numeri ma soprattutto politicamente avventuroso.
La sfida per Letta è riuscire a trasformare questa somma di impotenze in propellente per politiche di bilancio più incisive e con un respiro strategico. Se saprà piegare le ragioni della sua maggioranza agli interessi del Paese, con la promessa di un dividendo politico sostanzioso, Letta può percorrere l'intera legislatura. Salvo, è ovvio, gli scarti improvvisi di Matteo Renzi, un aspirante premier in affanno e da qualche tempo a corto di argomenti.

    

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