giovedì 8 agosto 2013

IL SOCIALISTA SACCOMANNI SBAGLIA SULL'IMU E SBAGLIA DI BRUTTO


di Massimo Colaiacomo

L'imposta municipale (IMU) è nata nel 2011 come tributo sostitutivo dell'ICI, la vecchia imposta comunale sugli immobili. E' nata avvolta nell'ambiguità: prima il via libera della Commissione per il Federalismo, che l'aveva concepita come imposta comunale la cui applicazione, e i cui proventi, erano di esclusiva competenza dei Comuni. Poi, con le manovre del governo Monti, e in particolare con il cosiddetto decreto "salva ITalia", nel 2012, ha perso il suo originario significato di imposta di accompagnamento e sviluppo del federalismo fiscale per trasformarsi nell'ennesima, iniqua imposta d'emergenza per far quadrare i conti pubblici.
Le imposte in Italia nascono tutte così: sono ultimo treno per rincorrere la spesa pubblica che viaggia su un binario tutto suo. Le ipotesi messe in campo dal ministero dell'Economia, con la bocciatura perentoria della richiesta di abolizione dell'IMU sulla prima casa voluta dal PdL, sono il completamento di un pasticciaccio, ma anche il disvelamento di un imbroglio: l'IMU non è, o non è soltanto una tassa sul patrimonio, ma è un'aggravio dell'Irpef e quindi colpisce sull base del reddito. Si può dire, come rivela lo stesso Mef, che l'IMU ha effetti moltiplicatori della pressione fiscale dal lato del redditi ma con un'accentuata autonomia rispetto al valore del patrimonio immobiliare.
Quando Saccomanni afferma che l'abolizione totale dell'IMU sulla prima casa avrebbe effetti distorsivi sui redditi , con benefici che che aumentano con l'aumentare del reddito, trascura un piccolo dettaglio che pure si ricava dalle sue tabelle. 

Benefici derivanti dall’esenzione dall’ IMU sull’abitazione principale per classi di reddito complessivo dei proprietari
Soggetti (% su totale) Versamenti (% su totale)       Beneficio medio in euro
Fino a 10.000 28,10 23,31 187
da 10.000 a 26.000 42,37 36,77 195
da 26.000 a 55.000 23,51 27,89 267
da 55.000 a 75.000   2,82   4,79 382
da 75.000 a 120.000   2,18   4,40 455
oltre 120.000   1,01   2,83 629
    Totale 100,00       100,00         227


Questa tabella elaborata dal Mef dice molte più cose di quante non contengano le osservazioni dell'elaborazione del Mef stesso. Racconta, ad esempio, che la classe di reddito inferiore a 26 mila euro rappresenta il 42,37% dei soggetti titolari di IMU e contribuiscono per il 36,7% del gettito complessivo. La classe di reddito  compresa fra 55 e 75 mila euro di reddito rappresenta il 2,82% dei soggetti e contribuisce per il 4,79% del gettito complessivo (quindi in una misura superiore dell'60% alla percentuale dei titolari). La classe di reddito superiore ai 120 mila euro rappresenta appena l'1,01 dei soggetti e contribuisce per il 2,83% del gettito (cioè con un moltiplicatore di 3 rispetto al numero dei soggetti).
Scrive lo studio del Mef che l'abolizione totale dell'IMU sulla prima casa darebbe benefici minimi ai redditi più bassi (calcolati in 187 euro) e massimi ai redditi più alti (circa 629 euro per i redditi superiori ai 120 mila euro). E' difficile stabilire se al Mef si siano resi conto di ciò che hanno scritto. Se un reddito alto è gravato da un Irpef del 45% più contributi di solidarietà e quant'altro, è forse da considerare una bestemmia se recupera 400 euro in più rispetto al reddito più basso?
Seconda osservazione: proprio quella disparità di benefici è la controprova che il meccanismo dell'IMU, così come è stato congegnato, è un torchio che affianca la garrota fiscale messa in azione questi ultimi anni. La combinazione dell'imposizione fiscale in base al reddito, giusta e sacrosanta, è ancora giusta e sacrosanta se lo stesso criterio di progressività si trasferisce dal reddito al patrimonio? E perché non allora, potrà obiettare qualche socialista più realista di Proudhon, non rendere progressiva, sempre in base al reddito, anche l'imposta sulla nettezza urbana, sul consumo idrico, sul biglietto dell'autobus, dopo aver reso progressivo il ticket sanitario e il relativo regime di esenzioni?
La costruzione dello Stato socialista, vagheggiata nell'800 come una rivoluzione popolare da perseguire con mezzi violenti, ha imboccato nel nostro millennio la via più ambigua del fisco. Il concetto di progressività si è trasferito dalle imposte sul reddito alle imposte sul patrimonio e ai tributi. Alla violenza dei fucili  si è sostituita la più sfuggente ma non meno violenta forza autoritativa delle leggi. E tutto per tenere in piedi uno Stato moloch che divora il futuro dell'Italia in nome di un'emergenza sempre presente e mai passata.   






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