domenica 19 gennaio 2014

VINCERÀ CHI SAPRÀ COSTRUIRE MEGLIO LE ALLEANZE,
COME SEMPRE. DA SPERARE CHE NON GOVERNERÀ COME SEMPRE

di Massimo Colaiacomo

Puntuale come un Frecciarossa è scattata la gara per stabilire chi vincerà le prossime elezioni. Simulazioni su simulazioni: tot al centrodestra con questo meccanismo, tot al centrosinistra con quest'altro. Tot al centrodestra se il riparto proporzionale sarà nazionale tot al centrosinistra se invece sarà su circoscrizioni regionali. E via cantando.
Confesso che poco ci capisco di sistemi elettorali, però provo a fare qualche considerazione empirica. Vediamo.

1994: dopo 48 anni il proporzionale puro finisce in soffitta. Arriva il Mattarellum, Berlusconi mette insieme un'alleanza a geometria variabile: a Nord con la Lega, al Sud con Msi-An. Altri competitori sono: il Ppi di Martinazzoli; l'Alleanza di Mario Segni con repubblicani, liberali e parte dei socialisti; il Pds dello sventurato Occhetto; Rifondazione comunista di Fausto Bertinotti. Il Mattarellum fu studiato con l'intento di favorire le residue forze della Dc. Sparita. A sorpresa trionfa Berlusconi, poi la storia finì come finì.

1996: si rivota con il Mattarellum. La Lega si presenta da sola; Romano Prodi mette in piedi il cartello dell'Ulivo in cui confluiscono le residue forze popolari, il Pds e quel che rimane dei socialisti. Per l'occasione si escogita il "patto di desistenza" con Rifondazione comunista. Vince la sinistra. Anche qui la storia finì come finì: tre governi per arrivare col fiatone alle elezioni del 2001.

2001: Berlusconi capisce l'antifona. Rimette insieme Fini e Bossi con Casini nella Casa delle libertà. Vince a mani basse.

2006: Casini si incaponisce sulla necessità di mettere in piedi un nuovo sistema elettorale. Calderoli si mette al lavoro e dalla testa gli fuma una robaccia che l'ideatore non esita a chiamare come merita: Porcellum. Berlusconi mette in piedi la solita alleanza, ma Casini si sfila. Romano Prodi, dopo l'ennesimo ritiro dalla politica ci ripensa, si candida e per una manciata di voti vince le elezioni. Anche la storia della legislatura segue il canovaccio di sempre.

 2008: Berlusconi vince bene le elezioni. Veltroni perde altrettanto bene, anche se paga lo scotto della vocazione maggioritaria che lo porta a imbarcare Di Pietro e a lasciare a piedi altri possibili alleati. Anche qui la storia finì come tutte le altre. Si sfila Gianfranco Fini il governo s'affloscia come un soufflé andato e la maggioranza si inacidisce come la panna.

2011: sempre con il Porcellum, non vince Bersani e non perde Berlusconi. Va Letta a Palazzo Chigi e ci resta perché invece della maggioranza stvolta a rompersi è il fronte delle opposizioni.

C'è una morale da ricavare da tante peripezie? Ci provo. Tanto con il Mattarellum quanto con il Porcellum hanno vinto due volte la sinistra e due volte la destra. Hanno vinto quando hanno saputo costruire alleanze molto ampie. Le alleanze hanno funzionato in fase di raccolta dei voti,  si sono sfasciate alla prova di governo. Nel '94 si sfila la Lega, nel 2006 si sfilano Mastella e Dini, nel 2010 si sfila Fini. Nel 2013, invece, una maggioranza resiste in piedi perché si rompe l'opposizione.
Che cosa può voler dire tutto questo? 1) I sistemi elettorali che tendono a bipolarizzare il quadro politico devono  scontare la nascita di schieramenti internamente molto eterogenei per conseguire premi di maggioranza o anche un solo voto in più; 2) gli aspetti programmatici della coalizione sono orpelli inutili perché i partiti sottoscrivono un accordo elettorale sapendo che quello di programma può essere revocato in dubbio in qualsiasi momento; 3) i partiti cosiddetti minori possono moltiplicare per cento il peso della loro utilità marginale e di fatto hanno in pugno la maggioranza; 4) l'esperienza veltroniana del 2008 ha detto una cosa importante: se un partito sa osare e presentarsi agli elettori con un programma di governo chiaro senza farsi condizionare dal corollario di partitini, gli elettori sono pronti a votarlo. Veltroni prese il 33,5%, un risultato straordinario che il Pd non ha mai più conosciuto nella sua breve storia.

Le alleanze si fanno prima del voto, come è ovvio, e non dopo. Questo fatto da solo non garantisce di per sé la durata di un governo né la solidità della maggioranza. Se una maggiornza si sfascia in democrazia si torna alle urne e non si fanno i governi tecnici. Berlusconi ha commesso un grave errore nel novembre 2011 quando ha ceduto lo scettro al Quirinale e questi lo ha restituito a Mario Monti. La scusa dell'emergenza finanziaria era ed è ancora oggi risibile. La Grecia, con un'emergena molto più grave dell'Italia, è andata alle urne due volte nella primavera del 2012 fino ad avere un governo pienamente legittimato dagli elettori. Portogallo, Spagna, Irlanda - per dire di altri Paesi che hanno avuto accesso al fondo salva-Stati - non hanno mai messo in piedi esecutivi tecnici. Questa è la vera patologia che sta corrodendo la democrazia in Italia. Il merito di Renzi, al momento, è il tentativo di sottrarre l'esecutivo Letta alla deriva tecnica verso cui stava scivolando e di volergli imprimere una connotazione politica chiara, di sinistra essendo il PD il principale se non esclusivo azionista della maggioranza. Renzi vuole rimettere in campo la bella politica. Se ci riesce, chapeau!

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