martedì 7 gennaio 2014

LA LEGGE ELETTORALE MACIGNO NELLA MAGGIORANZA MA QUALCHE SCRICCHIOLIO ANCHE NEL PD

di Massimo Colaiacomo

Nel Pd le acque sono agitate più di quanto non appaia in superficie. Prova ne sono alcune interviste del presidente di quel partito, Gianni Cuperlo, il quale non si nasconde dietro un dito rivolgendosi al segretario Renzi con domande secche e dirette. Vogliamo scrivere un patto di coalizione per il governo che traghetti il Paese fino al 2015? Oppure sono già nel mirino le elezioni anticipate a maggio? Cuperlo prende le difese di Fassina e rampogna Renzi invitandolo a distinguere fra comandare e dirigere. Sia pure dette nel tono argomentato di un politico d'esperienza, le parole di Cuperlo sono altrettante stilettate all'indirizzo di Renzi e rivelano il malessere compresso in alcuni settori, non si sa quanto ampi, del Pd. Non è certo casuale che  vecchi leader, da D'Alema a Veltroni a Fassino, da alcune settimane abbiano scelto il silenzio nel confronto politico. Non perché siano spariti: c'è da scommettere, invece, che stanno studiando le mosse del sindaco fiorentino per capirne i limiti e soprattutto pesarne il consenso dentro i gruppi parlamentari.
Quando Cuperlo invita Renzi a fare sintesi nel Pd sulla legge elettorale, è evidente che denuncia così l'esistenza di ampie riserve sul modello spagnolo, meccanismo sul quale Renzi ha avviato le trattative con Forza Italia. Cuperlo non dice la sua preferenza, ma trova ragionevole che sulla legge elettorale si cerchi un accordo nella maggioranza prima di allargarlo ad altre forze. E nella maggioranza si sa, come ha ribadito ancora stamane il ministro Maurizio Lupi, che il modello spagnolo suscita l'ostilità dichiarata del Nuovo centrodestra e non incontra minimamente i favori degli altri partiti. Perché? Per la ragione che Angelino Alfano, socio decisivo di maggioranza, giudica quel meccanismo - costruito su collegi proporzionali molto piccoli, e, di fatto un maggioritario sul modello Westmister - un rischio mortale per la gracile pianta del Ncd. Alfano e i suoi sono pronti a discutere tutti i temi posti da Renzi al governo (lavoro, unioni civili, immigrazione) ma sono anche pronti, c'è da giurare, a staccare la spina se dovesse passare una riforma elettorale per loro dichiaratamente ostile.
Sulla legge elettorale, però, dovrebbero tutti riflettere sulle sagge considerazioni fatte sulle colonne del Corriere della Sera da Angelo Panebianco in un editoriale del 6 gennaio. Immaginare che sia il meccanismo elettorale a determinare il risultato di un qualsiasi partito è una wishfull tinking, una pia illusione. Panebianco giustamente sposta l'accento sul tipo di aggregazioni e combinazioni politiche che possono scaturire da una nuova legge elettorale. In sostanza, è il suo ragionamento, non è tanto il metodo di raccolta del voto o quello di attribuzione dei seggi parlamentari a determinare il maggiore o minore consenso elettorale, quanto piuttosto il tipo di offerta che le forze politiche sanno mettere in campo.
Alfano, l'esempio è nostro, prende più voti in alleanza con Forza Italia oppure se dà vita a un raggruppamento con Casini e altre forze centriste? Tutte queste forze insieme si vedono apprezzate dagli elettori se si alleano con il Renzi oppure prendono più voti in alleanza con Berlusconi?
È però evidente, e la cosa non sarà sfuggita neppure a Panebianco, che il meccanismo elettorale diventa anche uno strumento decisivo per negoziare da posizioni di maggiore o minore forza le alleanze elettorali. Non si spiegherebbe altrimenti l'insistenza del Nuovo centrodestra sul modello del "sindaco d'Italia", un meccanismo che prevedendo due turni consente ad Alfano di pesare la forza elettorale al primo turno e, incrociando le dita, di presentarsi all'alleanza per il secondo turno da una posizione di forza relativa.

Nessun commento:

Posta un commento