sabato 4 gennaio 2014

RENZI VUOL MINARE GLI EQUILIBRI DENTRO GLI SCHIERAMENTI PER FAR SALTARE IL GOVERNO. PERCHÉ FORZA ITALIA SBAGLIA TUTTO

di Massimo Colaiacomo

         L'orizzonte strategico di Matteo Renzi non è molto ampio. In cambio fa ribollire il terreno tattico su cui si muove. Gli si attribuiscono tutte le intenzioni, dal voto anticipato a maggio a un accordo solido con Enrico Letta fino al 2015. Al momento non ci sono elementi per sostenere una tesi o l'altra. L'mpressione è che Renzi stia tessendo una tela molto ampia per destabilizzare non la maggioranza ma gli schieramenti politici al loro interno. A questo e non ad altro servono le sue proposte sulla legge elettorale o sulle unioni civili o sull'abolizione dela Bossi-Fini.
Proviamo a spiegare meglio: sulle unioni civili, Renzi sa di dividere Forza Italia al suo interno, ma anche il Pd, mentre sa di avvicinare alla sua proposta il movimento grillino. L'unico partito che invece non vacilla e respinge fermamente questa proposta è il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Anche l'ala cattolica del Pd, quella che fa capo a Beppe Fioroni è contraria. 
Sulla revisione della Bossi-Fini, Renzi si mette contro Alfano, Forza Italia e Lega Nord ma fors'anche i pentastellati. Che cosa significa tutto questo? Che Renzi spinge il quadro politico verso le sabbie mobili dalle quali potrà, e dovrà, uscire un quadro abbastanza diverso. Insomma, più che il gioco delle matrioske, Renzi sta scuotendo l'albero della politica nella speranza che la configurazione degli attuali schieramenti possa incrinarsi prima ancora di discutere la riforma elettorale.
Si farà il "patto di coalizione" auspicato da Renzi, ed Enrico Letta, un leader avveduto anche se eccessivamente sornione, farà di tutto per assecondare la spinta propulsiva di Renzi badando, è ovvio, ad evitare che essa travolga le basi dell'attuale maggioranza. Le incursioni ostili di Renzi su terreni minati per Alfano sono, è vero, una provocazione verso l'alleato ma funzionano anche come ballon d'essai per gli altri partiti.
Si prenda Forza Italia. Ancora frastornata per l'azzoppamento di Silvio Berlusconi, geniale e intuitivo come pochi nell'afferrare il mood del giorno, Forza Italia dall'opposizione si muove in reazione a Matteo Renzi, priva di sue idee e proposte, alternative o integrative a quelle di Renzi.
A ben vedere, il sindaco fiorentino è impegnato, più che a minare il governo, a lavorare per costruire basi nuove  a un bipolarismo che tutti vogliono civile ed europeo e in base al quale maggioranza e minoranza si confrontano, lealmente e talvolta duramente, alla luce del sole per condividere alcuni obiettivi generali.
Forza Italia subisce l'impostazione renziana perché del tutto priva di proposte e quindi costretta a un gioco di rimessa: ora applaude alla riforma elettorale con tutti, ora si divide sulle unioni civili, un'altra volta applaude al job act. Renzi detta il ritmo, gli altri danzano sulle sue note. La vera novità di Renzi consiste proprio in questo: lui parla di cose concrete da fare, gli altri replicano con slogan più o meno brillanti ma la cui efficacia è tramontata con il loro creatore. La politica si sta riappropriando di un alfabeto in cui la ragionevolezza e la ricchezza delle argomentazioni si sono ripreso il posto per vent'anni occupato da frasi a effetto ma decisamente vuote e prive di qualsiasi costrutto.

Altro errore marchiano, da matita blu, di Forza Italia. Attaccare il governo per negargli ogni merito nel calo dello spread è davvero infantile, da analfabeti della politica. Un politico con un minimo di intelligenza distingue fra la bontà di un risultato e l'attribuzione dei meriti. Se lo spread cala sotto i 200 punti soltanto un forsennato come Brunetta può impiccarsi nel negare ogni merito a Letta e non ammettere che quel calo è un bene inestimabile per le casse dello Stato. Allora, ogni dichiarazione dovrebbe partire dalla premessa: ottime notizie per l'Italia, cala lo spread ecc .... dopo di che, si distingue: si fa di conto sui costi sociali sopportati dal Paese, sull'efficacia limitata, se non sul danno, delle politiche fiscali dei governi Monti e Letta, e sull'indebolimento della crescita tedesca che ha fatto salire i rendimenti sul Bund decennale. Questo dovrebbe dire un politico moderato che avesse l'ambizione di candidarsi alla guida del Paese. In Italia, però, non si vedono leader di questa statura.

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