giovedì 16 gennaio 2014

DA RENZI E CAV. UNA SPERICOLATA MANO DI POKER


di Massimo Colaiacomo

     Matteo Renzi sta giocando la partita della sua vita (politica), tutta d'un fiato e senza pause. La gioca al tavolo della legge elettorale dove lui sta seduto da un lato. Dall'altro lato, siedono Berlusconi e Alfano. Proviamo a riassumere. Alla direzione del suo partito, Renzi ha detto: voglio una legge elettorale, non per andare a votare a maggio. Dico no ai ricatti di Berlusconi che vuole un accordo a condizione che si voti a maggio. Dico no ai ricatti di Alfano che minaccia di uscire dal governo se si approva un sistema a lui sgradito e comunque vuole un patto di governo fino al 2014.
     Messe così le carte sul tavolo, è evidente che i tre giocatori non chiedono carte al banco e a domanda rispondono: servito. Significa dunque che tutti è tre sono servitser o, significa che tutti è tre stanno tentando il bluff attorno a quel tavolo. Renzi vuole la legge elettorale per accreditare visivamente il "cambio di passo" della sua segreteria. Berlusconi la vuole (?) puntando al voto a maggio. Alfano la vuole (?) per materializzare il "cambio di stagione" nel centrodestra.
     Ciascuno dei tre parla con gli altri due coltivando disegni e strategie diverse. Dei tre, due sono in maggioranza (Renzi e Alfano), uno all'opposizione (Berlusconi). Alfano teme il voto, Berlusconi sa che maggio è la dead-line superata la quale cala il sipario sulle sue terre elettorali. Renzi può permettersi, con la pistola della legge elettorale caricata e sul tavolo di maggioranza, di prendersi il tempo per valutare. Senza quella pistola, Renzi si troverebbe all'improvviso sul traguardo della sua intensa ma breve corsa politica.
     Chi è dei tre che sta tentando il bluff più arrischiato? Berlusconi, da solo, arriva a sommare (quasi, precisiamo, per non urtare la sua sempre pungente vanità) gli anni degli altri due. Nell'anagrafe è lui che ha meno da perdere degli altri. Renzi vuole le elezioni a maggio, oppure vuole prendere in mano il comando delle operazioni e trasformare palazzo Chigi nella sala macchine del transatlantico Pd? Ad Alfano, che non vuole le elezioni, conviene, e fino a che punto, avere soddisfazione sulla durata del governo ma pagare dazio su qualche punto decisivo del programma? Sono domande che possono trovare risposta, e non è un paradosso, nel sistema elettorale che i tre riusciranno a disegnare da qui ai prossimi giorni. E quando il 27 gennaio il testo della legge elettorale non sarà in Aula, si aprirà il secondo tempo di questa complessa partita. Avvincente per gli addetti ai lavori; snervante e incomprensibile per 60 milioni di italiani; una vera cuccagna per Beppe Grillo.

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