martedì 10 maggio 2016

SULLE UNIONI CIVILI MARCHINI CERCA DI INCRINARE LA MAGGIORANZA TROPPO AMPIA DI RENZI


di Massimo Colaiacomo


     Da sindaco di Roma Alfio Marchini non accetterebbe mai di celebrare un'unione civile gay. L'affermazione è stata fatta cadere, quasi con nonchalance, in mezzo ad altre più impegnative promesse (la privatizzazione di Atac o il no al delisting di ACEA da Borsa italiana). L'effetto politico è stato immediato: alla vigilia del voto di fiducia della Camera sulle unioni civili, Marchini ha deciso di agitare le acque con l'obiettivo di incrinare una maggioranza altrimenti oceanica sul provvedimento  che il premier Matteo Renzi si prepara ad alzare come un trofeo da esibire alla sua sinistra, nel silenzio e nello smarrimento del centrodestra.
      È evidente, come sa bene il candidato di centro-destra, che nessun sindaco potrà rifiutarsi di applicare una norma una volta diventata legge dello Stato. Quella di Marchini, però, è una provocazione politica destinata a scompigliare gli equilibri in quell'area moderata in cui Renzi ha mietuto e miete consensi e punta a rafforzare il proprio insediamento elettorale. Con la sua sortita, Marchini ha voluto risospingere Renzi in un'area di sinistra, marcando il provvedimento sulle unioni civili come un prodotto della cultura gender e relativista tipica della sinistra radicale.
     Se quello di Marchini è un calcolo elettorale, resta da vedere quanto possa rivelarsi efficace. Sul piano politico, non c'è dubbio che appare come una mossa destinata a rinsaldare il fianco sinistro della maggioranza renziana per meglio metterne in discussione il suo radicamento nel mondo moderato, non solo cattolico. Perché soltanto gli ingenui possono pensare che sulle unioni civili omosessuali si consumi uno scontro secondo lo schema ottocentesco fra laici e cattolici. Intorno a questo tema, come su tutte le questioni di bioetica e che riguardano la vita e la morte, la battaglia politica si svolge su un terreno diverso dal passato, mentre l'appartenenza religiosa ha un peso ormai relativo. In gioco entrano due differenti weltanschauung, visioni della vita e della società che muovono da valori diversi e talora radicalmente diversi. È vero che le unioni civili non sono assimilabili, né la legge in votazione le assimila, al matrimonio. Ma come negare che provvedimenti simili portano a una relativizzazione del matrimonio come è incardinato nella Carta costituzionale?
     Marchini ha tracciato una linea sulla sabbia, ma non per dire "di qua i cattolici, di là i laici". Ha semplicemente voluto, ma dovrà spiegarlo meglio, ricordare che ha una visione relativista della vita se ne può contrapporre un'altra, non meno legittima, volta a riaffermare istituti e valori, sicuramente da rinnovare, ma ancora oggi capaci di essere un collante etico per una società smarrita. Sono obiettivi che rimangono molto sullo sfondo del ragionamento solo abbozzato da Marchini. In primo piano rimane però il suo obiettivo, non troppo vago, di contestare a Renzi la rappresentanza del mondo moderato. Perché è su questo terreno che si svolgerà la prossima contesa elettorale. Sarebbe sbagliato attendersi note di plauso da parte delle gerarchie vaticane. Questo pontificato ha scelto una dimensione diversa dai suoi predecessori. La predicazione di Papa Francesco si svolge su un piano orizzontale e i valori "non negoziabili" della stagione ruiniana sono soltanto un pallido ricordo. 

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