domenica 15 maggio 2016

CHE SUCCEDE SE LA QUESTIONE MORALE TOCCA LE FORZE ANTI-SISTEMA



di Massimo Colaiacomo


     Il diverso trattamento riservato dai vertici grillini alla vicenda parmigiana rispetto ad altri, analoghi casi giudiziari che hanno coinvolto amministratori del movimento è un fatto politico rilevante. Non tanto per il peso mediatico di Federico Pizzarotti, primo sindaco grillino eletto in una città capoluogo di provincia. Il rilievo della vicenda sta tutto nelle conseguenze da essa provocate negli equilibri interni al movimento. Il direttorio è stato azzittito e la decisione presa da Casaleggio Secondo, il quale ha comunicato la sospensione di Pizzarotti dal movimento con modalità tipiche del vecchio PCUS, ha confermato, con la mancanza di ogni democrazia interna, che l'esercizio del potere è rimesso tutto nelle mani di una sola persona, titolare e proprietario esclusivo di una piattaforma in rete attraverso la quale si decide la platea degli elettori, di chi può votare e, in definitiva, della vita o della morte politica di ogni militante del Movimento.
     Tutto questo non è servito a mettere in sicurezza il Movimento sulla questione morale, da sempre al centro tema della propaganda grillina e cavallo di battaglia per inanellare trionfi elettorali sul piano locale e nazionale. È lecito ora chiedersi che cosa potrà accadere se la questione morale tocca la principale delle forze anti-sistema nate in Italia negli ultimi anni. Scoprire di avere decine di amministratori destinatari di avvisi di garanzia, da non confondere con sentenze di condanna, tende per forza di cose ad assimilare il M5s ai partiti tradizionali o, quanto meno, a rendere meno spendibile la carta della diversità morale. È troppo facile ricordare l'aforisma di Pietro Nenni secondo cui "prima o poi un puro trova uno più puro che lo epura" anche perché è difficile intravvedere all'orizzonte nuovi campioni di purezza e di trasparenza.
     Più verosimile è immaginare il Movimento grillino costretto a confrontarsi sul terreno delle scelte politiche e dei programmi di governo. Appannata e oggi meno spendibile che in passato la carta della "diversità morale", il M5s viene a trovarsi in una condizione non molto diversa da quella in cui si ritrovò, all'inizio degli anni Ottanta, il Pci di Enrico Berlinguer all'indomani della marcia dei quarantamila a Torino e in avvio della stagione del pentapartito. Il partito si ritirò dalle piazze per chiudersi nella corazza della "questione morale", una scelta che non pagò più di tanto sul piano dei consensi elettorali ma in cambio privò il Pci della sua capacità di incidere sulle politiche di governo. Facile obiettare che quella di oggi è un'Italia profondamente diversa da quella di 35 anni prima, ma ciò non cambia in nulla il senso della sfida che attende Beppe Grillo. Al bivio fra la continuità con le scelte radicali della prima ora e una svolta politica capace di farne una forza di governo, il M5s si trova di fronte a decisioni capaci di aprire la strada a nuovi successi oppure segnarne il declino definitivo.
     Se prevarranno le pulsioni integraliste, e dunque l'idea di rifiutarsi a una visione più laica e istituzionale della lotta politica, che deve comprendere, è ovvio, la lotta alla corruzione, per il M5s, e per tutte le forze anti-sistema, potrebbe arrivare l'ora della risacca. Nel Paese rimane forte il clima di ostilità, quando non di disprezzo, per la politica in generale. Sapere però che a votare un candidato grillino si corrono rischi non diversi né inferiori che a votare un candidato sindaco del PD o di Fratelli d'Italia, potrebbe portare altre migliaia di elettori ad andarsene al mare il prossimo 5 gennaio. Ma quella astensioni sarebbero per Grillo un temibile "vaffa-day" di ritorno.  

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