giovedì 21 gennaio 2016

ITALIA SOTTO ATTACCO? MA IL NEMICO È ALL'INTERNO


di Massimo Colaiacomo

     Il sistema del credito è senz'altro solido, come non si stanca di ripetere il ministro Padoan, ma allora la speculazione si è concentrata sulle banche italiane? Perché quel duello rusticano di Renzi con Juncker e quel richiamo perentorio del capogruppo del PPE, Weber, al premier italiano? Non è un difetto di comunicazione, ha commentato ieri Yoram Gutgeld, ma è la manifestazione di un dissenso politico e di sostanza. Il contenzioso Italia-UE si nutre di molti dossier: la vendita probabile di ILVA Taranto; i crediti deteriorati del sistema bancario; la ridistribuzione degli immigrati fra i 28 Paesi dell'Unione.
     Tante micce accese dalla Commissione europea, ma quella più corta e dunque insidiosa riguarda in queste ore il sistema bancario. Il governo italiano si è mosso in grave ritardo rispetto a una condizione di sofferenza che covava da qualche anno e che Renzi, ma anche i suoi predecessori, non hanno visto o, peggio, vedendo hanno preferito tacere e fischiettare. Stamane l'ex premier Mario Monti si è lanciato, excusatio non petita, nella difesa del suo governo che rifiutò gli aiuti della trojka perché avrebbe significato sottoporre l'Italia sotto l'amministrazione controllata di FMI, BCE e Commissione europea. Ha fatto qualcosa di più, consigliando a Renzi, sia pure in modo provocatorio, di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea se davvero il governo italiano ritiene che un Paese membro abbia goduto di vantaggi negati ad altri. Fatto è, ricorda Monti, che la Germania ha salvato le sue banche con i soldi europei. Quella di Monti, però, suona quasi come un'autoaccusa: perché l'Italia non ha fatto altrettanto approfittando di un regolamento che, una volta cambiato, costringe ora le banche al "salvataggio interno" (bail in) a carico di azionisti e obbligazionisti?
     La vicenda dei cosiddetti crediti deteriorati (NPLs, i No performing loans) è molto più drammatica di come viene raffigurata dalle autorità italiane. Si parla di importi complessivi che sfiorano i 350 miliardi così ripartiti (sono dati Bankitalia, riferiti al 2014): 

sofferenze         197 mld
incagli               119
ristrutturati       20
scaduti                13
     I primi 5 gruppi bancari totalizzano 228 miliardi e hanno un tasso di copertura stimato intorno al 46,6%.  Decisamente inferiore il tasso di copertura delle banche minori (36,5%) risultando questo segmento del credito il più esposto ai rischi di bail in con conseguente coinvolgimento dei risparmiatori e dei soci (così si chiamano i sottoscrittori di quote delle Banche di credito cooperativo). Intervenendo alla Giornata del risparmio, nell'ottobre scorso, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha spiegato le procedure di funzionamento del bail in contrapposto agli interventi bail out (salvataggio delle banche con soldi pubblici). "Rammento - disse Visco - che, nell’area dell’euro, tali interventi hanno pesato sui debiti pubblici per circa 5 punti percentuali di PIL in Belgio, nei Paesi Bassi e in Spagna, oltre 8 in Austria e in Germania, più di 10 in Portogallo, oltre 20 in Grecia e in Irlanda. In Italia, sebbene l’economia sia stata colpita dalla recessione molto più che nella maggior parte di questi paesi, il sistema ha richiesto interventi pubblici sostanzialmente nulli".
     È pensabile un governatore di Bankitalia che mena vanto in questi termini mentre nella pancia delle banche albergavano 350 miliardi di crediti deteriorati? Tutti a carico, ora, dei risparmiatori se non dei contribuenti italiani mentre fino a un anno fa potevano essere finanziati con i finanziamenti europei? Quando si ipotizza, come fa il presidente dell'ABI, Antonio Patuelli, che i ribassi in Borsa dei titoli bancari sono "un attacco all'Italia" si usa un espediente per nascondere che il più grave attacco all'Italia lo hanno portato i banchieri italiani con la gestione disinvolta del credito, gli organi di vigilanza sonnacchiosi, la politica con il suo disinvolto traffico con gli istituti di credito, specie quelli più piccoli e minori, come le Banche di credito cooperativo dove i piccoli ras locali vanno a braccetto con sindaci e assessori.
     È rispetto a questo mondo e alle sue liturgie che il premier Matteo Renzi non ha ancora deciso che posizione prendere. La questione del papà del ministro Boschi è rilevante riferita alla Banca popolare dell'Etruria ma sparisce di fronte a un sistema portato at the edge of bankruptcy. Chi ancora oggi difende i piccoli istituti di credito (Forza Italia è sempre in prima fila) lo fa o in malafede o per ignoranza dei problemi.






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