lunedì 18 gennaio 2016

SULLE UNIONI CIVILI ERRORI DELLA CHIESA E SUPERFICIALITÀ DEI LAICI

Un errore dei vescovi italiani il sostegno al Family-day del 30 gennaio


di Massimo Colaiacomo


     Il presidente della Conferenza episcopale, mons. Angelo Bagnasco, non ha evidentemente ritenuto sufficienti le parole del suo segretario, mons. Nunzio Galantino, sulle unioni civili e in particolare sulla cosiddetta stepchild adoption. Devono essergli sembrate troppo concilianti sulle unioni civili, visto che era scontato il "no" alle adozioni da parte di coppie gay. Un cattolico dovrebbe però interrogarsi sull'utilità, più ancora che sull'opportunità, di un simile intervento per almeno due buone ragioni. La prima, e più ovvia, è che esso è destinato a rinfocolare le accuse alla Chiesa di "ingerenza" politica nella vita civile anche se, va ricordato, la stessa ingerenza è stata ed è applaudita in altre occasioni (ad esempio, quando la Chiesa esorta il governo all'accoglienza degli immigrati). A conferma della colpevole disinvoltura con cui la politica strumentalizza le posizioni della Chiesa, incurante di prestarsi a forme di collateralismo clericale. È anche in questo modo che si manifesta il senso di smarrimento di un ceto politico privo di un orizzonte culturale e morale.
     Più importante ci appare la seconda ragione: mettere il cappello sul Family-day del 30 gennaio per farne una manifestazione "dei cattolici" e non "di cattolici" (la distinzione ha un conio degasperiano) porta inevitabilmente a una deriva confessionale la battaglia contro la stepchild adoption e la costringe entro il perimetro anti-storico della contrapposizione laici-cattolici. Per dire, contro le unioni civili e in difesa della vita, i francesi sono anni luce più avanti delle associazioni italiane. Manif pour tour portò in piazza più di un milione e mezzo di francesi nel febbraio 2014, numeri impressionanti che consigliarono a un sorpreso Hollande di accantonare temporaneamente il progetto di legge. Quella manifestazione aveva una particolarità: era, da un lato, ultraconfessionale perché con i cattolici francesi marciarono per le vie anche rappresentanti delle comunità ebraiche e islamiche; dall'altro lato, gli organizzatori avevano trovato le parole giuste per depoliticizzare l'evento organizzato unicamente in difesa della "sacralità" della vita.
     In Italia è reso tutto più difficile per un concorso di cause. Le associazioni cattoliche in genere si rivolgono alle gerarchie ecclesiastiche per sollecitarne il patrocinio e rinsaldare in qualche modo i legami sempre più flebili fra Chiesa e società. Si pensa, per questa via, di dare maggiore visibilità alla presenza dei cattolici impegnati in politica ma si trascura d'altra parte il danno che si produce sottraendo la politica dalle sue responsabilità morali. Ridurre il provvedimento della stepchild adoption a una guerra confessionale può essere tutto sommato utile ai suoi sostenitori che se la cavano evocando l'ingerenza intollerabile della Chiesa. Si copre così la responsabilità morale di chi, favorevole al provvedimento, rivendica il primato del diritto positivo contro il diritto naturale, del diritto del più forte contro i diritti dei più deboli, con il risultato che la tutela dei minori adottati è importante che esista ma è indifferente da chi, se non addirittura come, viene esercitata.
     Considerare ogni forzatura del diritto naturale come una tappa verso il progresso e l'emancipazione dell'uomo (e delle donne, si dice in epoca di political correctness) dalle forze oscure della natura è soltanto il frutto avvelenato della miseria morale di un tempo che ha affidato alla scienza e alle sua manipolazioni il ruolo di tribunale morale su ciò che è lecito, utile e buono. Se qualcosa è scientificamente provata e possibile diventa per ciò stesso moralmente auspicabile. Accadeva nell'epoca del positivismo, soglia d'ingresso verso le tirannie e i totalitarismi del Novecento, evidentemente passato invano o, probabilmente, non del tutto alle nostre spalle. 

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