domenica 7 dicembre 2014

L'ITALIA GALLEGGIA NEL VUOTO DELLA POLITICA (E LA DEMOCRAZIA BARCOLLA)

di Massimo Colaiacomo

     Si può vivere in una società divorata dai saprofiti, cioè da quei microrganismi che si nutrono di materia organica per decomporla e renderla inorganica? Dalla recente storia italiana arriva una risposta sorprendentemente affermativa. Si può, almeno finché il lavoro di decomposizione non è completato. Alla fine, l'azione dei saprofiti risulta addirittura preziosa per la produzione di aria, acqua e in genere di quegli elementi chimici decisivi per ricostruire nuova materia organica.
     Le cronache giudiziarie della Capitale raccontano uno spaccato della società italiana, non solo di quella politica. Niente di più, niente di meno. L'opinione pubblica può essere sorpresa per l'intensità del fenomeno, non certo per la sua estensione e la solidità delle radici. La società italiana cresciuta fuori dal ciclo produttivo fordiano (la fabbrica, l'impresa, la bottega) vive da sempre al di sopra dei propri mezzi, si nutre, come i saprofiti, della ricchezza materiale dei produttori. I quali tentano di sottrarre il più possibile la ricchezza prodotta dagli appetiti famelici dell'Italia saprofita cresciuta nella politica e nell'amministrazione, rifugiandosi nell'evasione e nell'elusione fiscale.
     Ecco la vera trattativa Stato-mafia. L'abbiamo vista scorrere sotto i nostri occhi per decenni senza mai prenderne coscienza: statalisti irriducibili e "produttori" d'accordo nel saccheggiare le risorse pubbliche. Gli uni rubandole, gli altri rifiutandosi, con la scusa dei primi, di alimentarle.
     La politica è stato il traino privilegiato di questo tacito compromesso. A causa del quale è stato distrutto ogni residuo spirito pubblico. La decomposizione del tessuto civile viene da lontano ed è strettamente compenetrata all'uso patologico e abnorme della spesa pubblica, a un sistema di welfare state costruito a misura di uno Stato erogatore di servizi sulla base di uno scambio mafioso con i cittadini beneficiari e dunque complici. La spesa pubblica è stata e tuttora è lo strumento di ogni inquinamento della società italiana. Qualunque politica sia fondata sulla spesa pubblica è destinata perciò ad incrementare l'escrescenza tumorale che divora l'Italia. Non a caso la corruzione, secondo stime dell'OCSE, è maggiore e più estesa nei Paesi europei con il debito e la spesa pubblica più alti in percentuale al PIL.
     In condizioni simili è difficile governare per chiunque. Governare poi privi di un'investitura democratica piena diventa impossibile. È la condizione nella quale si trova Renzi, che continua a scambiare il consenso dei sondaggi con il voto nelle urne. Il governo sta cercando di raddrizzare la barca nei marosi di una tempesta economica ma lo fa con piccoli aggiustamenti di rotta, quando sul timone dovrebbero esserci mani forti e sulla carta una rotta sicura.
     È difficile raccontare all'Italia che per mezzo secolo abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi (Valls lo ha detto ai francesi)? È difficile dire che se la politica non si ritira da ogni compito di gestione e affida, con decreti urgenti, più urgenti del jobs act, ogni servizio locale al mercato, non ci sarà salvezza per nessuno? È difficile sostenere che non possiamo avere lo stesso numero di dipendenti pubblici della Germania se la Germania ha un PIL superiore del 50% al nostro?
     Il momento della verità si avvicina. A marzo la Commissione europea farà conoscere la sua valutazione finale sulla Legge di stabilità ma, soprattutto, sulla bontà delle riforme intraprese da Renzi e già oggi ritenute insufficienti e inadeguate dalla Cancelliera Merkel. Senza una manovra sulla spesa pubblica, le cui dimensioni sono destinate a crescere per ogni giorno di rinvio del governo, la democrazia italiana si espone a rischi mai prima conosciuti.
     Lflat tax immaginata da Berlusconi e da Salvini ha funzionato nei Paesi usciti dal comunismo. Ha funzionato per la semplice ragione che società prostrate dalla dittatura e prive di ogni servizio sociale potevano permettersi livelli di tassazione molto bassi non dovendo finanziare una spesa pubblica elevata. In Spagna la flat tax adottata da Rajoy si limita a finanziare le nuove assunzioni nel settore privato ma rimane invariata la tassazione su tutte le altre forme di reddito da lavoro. Adottare la flat tax generalizzata in Italia, un Paese con la spesa pubblica pari al 54% del PIL, significa calare una mannaia sulla spesa per ridurla di almeno il 40%. Siamo nel regno del wishful thinging. 

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