lunedì 1 dicembre 2014

IL POPULISMO SCALDA I MOTORI, URNE PIÙ VICINE

di Massimo Colaiacomo

     Matteo Renzi ha confermato il bonus di 80 euro a tutti i lavoratori? Berlusconi si impegna a innalzare le pensioni minime da 516 a 1000 euro al mese. Il premier vara il bonus bebè di 100 euro al mese per il quarto figlio? Berlusconi offre dentiere e interventi alla cataratta a tutti gli over 65. Alfano ha presentato una proposta di legge per l'aliquota fiscale unica al 20%? Matteo Salvini non vuole essere da meno e promette anche lui la stessa aliquota. E via cantando ...
     Matteo Renzi finanzia le sue regalie sociali con un aumento spietato, e non sempre occulto, della pressione fiscale a carico del ceto medio, ma soprattutto a danno dei giovani che devono costituirsi una pensione integrativa importante. Gli altri non dicono se per le loro concessioni aumenteranno le tasse, taglieranno le spese oppure se finanzieranno la loro generosità in deficit spending. Come che sia, l'orgia di populismo a cui gli italiani assistono da qualche settimana è il tradizionale campanello che suonano i partiti quando sanno che devono schierarsi ai blocchi di partenza per la competizione elettorale.
     Nessuno dei concorrenti, di sinistra o di destra, si chiede se davvero le sue promesse sono tali da convincere gli elettori a tornare alle urne. Non un partito che abbia tratto la morale del grande flop elettorale in Emilia Romagna e in Calabria. Gli elettori in Emilia Romagna hanno detto che non credono a nessun partito (63%) e soltanto il 7,4% degli aventi diritto (cioè il 20% dei votanti) ha detto di condividere la ricetta anti-immigrati e anti-tasse proposta da Salvini. Un po' poco perché il leader leghista si senta incoronato nel ruolo di sfidante di Renzi, ma abbastanza per capire che il centrodestra tutto è privo di un leader che sia passabilmente credibile agli occhi dell'Europa e, ancor prima, a quelli degli elettori.
     La Legge di stabilità è stata modellata, e sarò rimodulata nel suo passaggio al Senato, in funzione di uno scontro elettorale. Le tasse, massicce, vengono scaricate sugli anni successivi al 2015 (Fondi pensione, Tfr), i benefici sono invece immediati (taglio Irap, esenzione contributiva per i nuovi assunti ecc.). Se il 2015 è l'anno delle tasse poche e vantaggi molti, esiste forse una finestra elettorale migliore?
     Ora, la leggerezza con cui Berlusconi e Renzi, non meno di Salvini, precipitano verso le urne,  non è solo colpevole ma politicamente scriteriata perché dimostra la loro sottovalutazione rispetto a quanto è accaduto in Emilia Romagna e in Calabria. Davvero i leader politici ritengono impossibile che alle politiche eventualmente anticipate alla primavera del 2015 si presenti alle urne meno di un italiano su 2 se non 1 su 3? Davvero scommettono contro l'impossibilità di un sistema democratico che collassa per asfissia elettorale?
     Il populismo italiano è uno spettacolo al quale il resto d'Europa guarda con sbigottimento e un senso, c'è da sperare, di umana commiserazione. Un Paese acefalo della sua classe politica, quale grado di affidabilità può offrire ai partner europei? Un Paese il cui debito pubblico continua in una corsa forsennata verso il baratro, è destinato a implodere per eccesso di debito o per l'incapacità del ceto dirigente a governarlo?
     È vero che partiva da un livello di disoccupazione doppio rispetto a quello dell'Italia, ma la Spagna di Rajoy ha ridotto in 12 mesi i disoccupati dal 27 al 23% ed entro fine anno il leader spagnolo confida di toccare quota 20. La rapidità di rientro del tasso di disoccupazione è il termometro migliore per misurare il grado di successo delle riforme e delle politiche di bilancio di un Paese.
     Qualche buontempone ha osato paragonare la condizione del debito pubblico italiano a quella americana. Come se la crescita del PIL oltre il 3% negli Usa fosse paragonabile ai quattro anni di Pil negativo in Italia, unico Paese dell'eurozona che non cresce dal 2010. Il populismo in Italia non riposa mai, né la domenica né d'estate. Così, per darle il colpo finale, la carrozza italiana viene condotta verso il baratro da una combriccola di politici preoccupati solo di perpetuare se stessi.  




     
      

1 commento:

  1. E' un bellissimo articolo.
    Preciso solo un aspetto, una visione "da fuori": a condurre nel baratro la carrozza italiana non c'e' solo una combriccola di politici. La classe politica non e' la causa, ma l'effetto. L'effetto di una popolazione che a maggioranza (di voto ma anche di non voto) legittima la sua classe dirigente, e che spesso in molti suoi vizi ne e' lo specchio. E il non voto non esime dalle responsabilita' delle prossime conseguenze economiche, istituzionali e sociali che su di essa ricadranno. Gli errori si fanno con azioni, ma anche con omissioni. Omettere il voto o omettere il proprio contributo nella societa', e' da ignavi, e se Dante riservo' ad essi una certa pena post mortem nella realta' essa arrivera' sotto forma diversa ma punzecchiera' quanto quella del Poeta. Una grande parte della popolazione italiana deve riscoprire l'importanza che l'opinione pubblica ha nei confronti dei partiti, di come essa puo' fungere da controllore, di come puo' orientare la politica e i dibattiti attuali senza lasciare deleghe in bianco. La storia la fanno i popoli, e quando si vuol far credere che essa e' un fiume di cui non si puo' cambiare il corso ecco che i popoli intervengono nelle pagine piu' difficili ma nelle svolte piu' importanti.
    Il declino italiano non e' solo economico, il principale declino e' l'abbandono di un progetto politico, di una identita' (non ideologia) nazionale, di un progetto per la societa' italiana. Fra alcuni mesi iniziera' la campagna francese per le presidenziali e si parlera' molto piu' di progetto Paese che di economia, piu di identita' unificatrici e di valori condivisi che di Pil.
    La carrozza italiana che ha iniziato un percorso di lenta e lunga (nel tempo) discesa, e' anche merito di quella parte di popolo che non guarda alla realta' ma che aspetta l'uomo della provvidenza, senza pero' mai accorgersi che esso ha nome Godot.

    RispondiElimina