venerdì 14 giugno 2013

GOVERNO TEMPOREGGIA, MAGGIORANZA PRIGIONIERA DEI POPULISMI COSì ITALIA PERDE ALTRI MESI PREZIOSI


di Massimo Colaiacomo

     Non si possono muovere rimproveri severi al governo. E' vero che il premier Letta temporeggia, gira attorno a una questione decisiva come l'occupazione giovanile e si lascia irretire ancora una volta nella liturgia della concertazione con i sindacati. Ciò detto, si deve aggiungere che Letta ha scelto di muoversi entro il perimetro disegnato dalle condizioni della finanza pubblica. Come ha detto il ministro dell'Economia in Senato non ci sono risorse "rinvenibili" (cioè: dove andare a prendere i soldi? quali capitoli di bilancio sforbiciare?) per bloccare l'aumento dell'IVA e cancellare l'IMU sulla prima casa.
     Ha ragione allora Stefano Folli sul Sole 24Ore quando osserva che le forze di maggioranza, ancora prigioniere dei rispettivi populismi, non hanno la forza o il coraggio di indicare al governo dove andare a prendere le risorse per realizzare quei capitoli del programma. Perché sanno, nel Pd come nel PdL, che l'unica fonte dove attingere i soldi necessari per un vasto e incisivo piano di riduzione della pressione fiscale e la spesa pubblica da tagliare in modo vigoroso e con gravi contraccolpi sul piano della pace sociale.
     Una certa ipocrisia continua a parlare di spesa pubblica improduttiva senza mai, in realtà, spiegare quale sia. Un numero eccessivo di dipendenti statali? O armate pletoriche di dipendenti regionali e provinciali? Certo, l'Italia non è la Grecia o la Spagna e Letta non è Samaras o Rajoy. Il leader ellenico ha chiuso la Tv pubblica, quello spagnolo ha detto ieri mattina alle Cortes che la Spagna non aumenterà ancora l'età della pensione né l'IVA. Letta non ha forse la stessa stoffa? No, semplicemente non gode del sostegno delle stesse maggioranze coese e determinate sul programma.
     Per esempio, una forza politica davvero determinata nell'obiettivo di abolire l'IMU deve avere, per essere credibile, una proposta che indichi anche dove recuperare le risorse che vengono a mancare al bilancio dello Stato. Sotto questo aspetto, il PdL rimane una forza profondamente populista e lontana dall'asse programmatico dei partiti popolari, ma anche dalle scelte del premier greco Samaras. 
     Discorso non diverso riguarda il Pd. Il sottosegretario all'Economia Fassina ha criticato il suo ministro osservando che l'aumento di un 1 punto percentuale dell'IVA aggraverebbe il ciclo recessivo dei consumi. Verissimo: ma la soluzione proposta da Fassina di mantenere l'IMU, sia pure mitigata, e destinare parte delle risorse al blocco dell'IVA è farraginosa e, in ogni caso, è la classica coperta corta da tirare un po' qui e un po' là.
     E' in questo vuoto di proposte che il premier Letta è costretto a muoversi e a ripercorrere la strada battuta, con alterna fortuna, da Mario Monti. Se il quadro politico è debole e la maggioranza sta in piedi solo per le reciproche debolezze degli alleati, è evidente che l'esecutivo è costretto a camminare sul ghiaccio e con margini di azione ristretti e comunque tali da non varcare i rigidi paletti sui conti pubblici ancora ieri ricordati nel bollettino della Bce.
     Si spiega così la scelta di Enrico Letta di temporeggiare, attendere l'autunno e sperare di prendere il vento sicuramente debole di una ripresa capace di amplificare gli effetti delle misure all'esame del governo. Le quali, va detto, non sembrano in grado di trasmettere impulsi di qualche rilievo al ciclo economico. Le misure per l'occupazione giovanile denotano più la preoccupazione di Letta di arginare il malessere sociale che non di dare vigore all'economia. Anche perché si tratta di provvedimenti che potranno spiegare i loro effetti di qui a qualche mese  e non sono certo fatti per dare la frustata all'economia che tutti invocano.
     Il problema non è soltanto, come immagina il governo, di detassare le assunzioni dei giovani o di accorciare il tempo di latenza fra un contratto a tempo determinato e l'altro. Lo ha ben individuato il patron di Prada, Bertelli, quando a una domanda del Sole 24Ore ha risposto: come possono le imprese assumere giovani per aumentare la produzione se poi quei prodotti non si vendono? Ecco, creare posti di lavoro significa anche avere un mercato capace di assorbire le merci in più prodotte. Il che oggi non è in Italia.
     Il rischio più grave, in assenza di una volontà politica capace di caricarsi l'impopolarità di tagli vigorosi alla spesa, è che l'Italia si avvii a perdere mesi preziosi per imboccare la via del risanamento. E i mesi persi non si recuperano più. 
      

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