sabato 21 ottobre 2017

LA PARTITA BANKITALIA NON PREVEDE IL PAREGGIO

Quando il presidente del Consiglio evoca il principio dell'autonomia mette in mora Matteo Renzi: come potrà dirsi autonoma l'istituzione di Palazzo Koch se Ignazio Visco viene rimosso dopo l'intemerata del segretario di un partito politico, a maggior ragione se partito di maggioranza?


di Massimo Colaiacomo


     Si deve supporre che il leader del PD non abbia calcolato fino in fondo le conseguenze del suo assalto al governatore in scadenza di Bankitalia. Rivendicare il diritto di critica all'operato di un'istituzione è cosa legittima, ma farlo dopo avere scatenato un putiferio istituzionale manifesta un livello di ingenuità e di sprovvedutezza al limite dell'irresponsabilità. A pochi giorni dal Consiglio dei ministri che dovrà procedere, a norma di legge e senza rinvii, alla nomina del governatore di Bankitalia, Gentiloni si affanna a spegnere l'incendio appiccato quotidianamente da Matteo Renzi su una vicenda che rischia di trascinare il PD, e il Parlamento, a uno scontro senza quartiere con Bankitalia le cui conseguenze non sono al momento prevedibili.
     Quando Gentiloni, persona prudente nei modi e cauta nelle decisioni, chiarisce che qualsiasi decisione sarà presa dal governo, sentito il Consiglio Superiore di Bankitalia, nel rispetto dell'autonomia dell'istituto, non si limita soltanto a ricordare un principio ovvio e scritto nello Statuto di Palazzo Koch, ma pone una questione politica rilevante e mette, con la soavità dei suoi modi, una distanza politica siderale fra sé e Matteo Renzi: come rimuovere Ignazio Visco, sotto attacco da PD e M5s, senza con ciò minare nelle fondamenta l'autonomia dell'istituto? Per Gentiloni, il problema si amplifica, perché, da qui a venerdì prossimo, giorno del Consiglio dei ministri, dovrà chiedersi: come confermare Visco senza allargare il fossato fra Palazzo Chigi e il PD?
     Si dice che una via d'uscita potrebbe essere trovata dallo stesso Visco il quale, per cavarsi fuori d'impaccio e togliere le castagne dal fuoco a Gentiloni, potrebbe fare un passo indietro. Ipotesi verosimile, ma praticabile pagando un prezzo politico non indifferente. Perché rimane pur sempre il vulnus provocato dalle sortite di Renzi. Il fatto nuovo e rilevante viene dalle voci di dissenso dalla linea di Renzi uscite in queste ore dal PD. Due ministri politicamente rilevanti, sia pure per ragioni diverse,  Carlo Calenda e Roberta Pinotti, hanno apertamente preso le distanze da Renzi con ciò manifestando le crepe che la mozione su Bankitalia ha aperto all'interno del PD. Per il principio dell'eterogenesi dei fini, Renzi ha finito per innescare uno scontro interno al partito che rischia, se non viene circoscritto, di mescolarsi all'esito del voto in Sicilia, che i sondaggi pretendono negativo, con ciò facendo esplodere tutti i malumori fin qui trattenuti.
     La partita sulla nomina del governatore, per come Renzi l'ha impostata, non prevede il pareggio. È evidente che Visco non è un giocatore, ma soltanto il pretesto, perché i duellanti, alla fine, sono Gentiloni e Renzi. La posta in palio è altissima: è il futuro di Renzi nel partito (quello nel governo sembra più il passato) e il futuro di Gentiloni nel governo della prossima legislatura.  

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