sabato 4 marzo 2017

GENTILONI SULLE TRACCE DI MONTI, UNICO ANTEMURALE AI POPULISTI


di Massimo Colaiacomo

    
     Quello che trapela sui giornali è qualcosa di più che il racconto di una svolta nell'azione di governo. Gentiloni, d'accordo con il ministro Padoan, si prepara a cambiare la natura della politica economica di bilancio degli ultimi tre anni e può farlo perché soltanto adesso, a tre mesi dal suo insediamento, si sono create, per molteplici ragioni, le condizioni politiche e parlamentari. Il Documento di Economia e Finanza è il primo atto di governo grazie al quale Gentiloni può rivolgersi all'Europa, e rassicurare, tanto Berlino quanto Francoforte, suo nuovi e più stringenti impegni che l'Italia è pronta ad assumere per risollevarsi dalla condizione di fanalino di coda in fatto di competitività e, nello stesso tempo, mandare segnali ai mercati su una rinnovata capacità di mettere sotto controllo il debito pubblico, vero macigno sulle spalle del Paese. Senza misure aggiuntive e a pochi mesi dalla fine del Quantitative easing, il debito italiano rischia di finire nuovamente nell'occhio del ciclone della speculazione finanziaria.
     Gentiloni si prepara dunque a scrivere un capitolo della spending review, dopo la pausa dei 1000 giorni di Renzi, e cerca di riprendere così il bandolo della matassa smarrito dagli esecutivi successivi a quello di Mario Monti. Il quale è ricordato, nella vulgata sempre colorita dell'informazione, come il governo del taglio delle pensioni ma assai meno è ricordato come l'esecutivo che ha tagliato le spese ai bilanci dei ministeri. "Grasso" da togliere nell'amministrazione pubblica, per usare l'immagine di Carlo Cottarelli, il commissario alla spending messo nella condizione di andarsene proprio dal governo Renzi, ce n'è e ancora molto. Per mille giorni, quell'eccesso di spesa è continuato senza colpo ferire: stabilizzati i precari della scuola; stabilizzati i precari nella sanità; 80 euro ai redditi da lavoro dipendente sotto la soglia dei 25.000 euro lordi annuali. Il grande fiume della spesa corrente ha continuato a erodere gli argini sempre più fragili del debito e sui monitor della Commissione europea si sono accese le spie. E quei segnali hanno fatto scattare una mini ondata di vendite dei titoli del debito così che lo spread con il Bund è risalito in poche settimane da 110 fino a sfondare il tetto dei 200 punti base.
     Non c'è traccia alcuna di tutto questo nello scontro politico. I partiti sono impegnati ad azzuffarsi, esattamente come un quarto di secolo fa, sulle intercettazioni che incastrerebbero il padre dell'ex premier, sospettato di "traffico di influenze" (circostanza che dovrebbe far scattare accertamenti sui suoi accusatori perché delle due l'una: o si prova che c'è traffico di influenze oppure scatta il reato di millantato credito, due territori il cui confine è molto labile). La vicenda giudiziaria è destinata a scandire tutta la campagna per le primarie del PD, fissate al 30 aprile. Il ritmo dell'inchiesta non è veloce, o almeno non lo è come la fuga di notizie con il conseguente stillicidio quotidiano sui mezzi di informazione. In attesa di conoscere l'esito dell'inchiesta, se ne possono intanto misurare i riflessi politici. Renzi è gravemente azzoppato, la solidarietà dentro il PD si è fatta avara per lui mentre dai fuorusciti arrivano stilettate, ininfluenti per il governo ma micidiali per l'ex premier. Il clima di opacità in cui si trova avvolto il partito di maggioranza al governo non aiuta certo l'azione di Gentiloni, ma neppure può intralciarla più di tanto. E qui si torna al punto: nato come "meccanico" del renzismo, l'esecutivo Gentiloni va acquistando peso a mano a mano che ricostruisce  la sua interlocuzione con l'Europa e con la Commissione Juncker.
     Abbandonati i toni della sfida quotidiana, Gentiloni e Padoan hanno cambiato rapidamente rotta nei rapporti con l'Europa. Si farà la manovra da 3.4 miliardi sollecitata dal commissario Pierre Moscovici, e si farà in tempo per evitare la procedura di infrazione. Sono in arrivo tagli ai bilanci dei ministeri ma, cosa importante, con il DEF di aprile e, dunque, con la Legge di stabilità in autunno, il governo interverrà sul cuneo fiscale prevedendo un taglio di 5 punti percentuali, 2,5 alle imprese e 2,5 sui redditi del lavoratore. Finita la stagione dei bonus, criticata ancora oggi dal ministro dello Sviluppo Calenda, chiusi i rubinetti di una spesa sociale a pioggia ma avara, come si è visto, di ritorni elettorali, l'esecutivo di Paolo Gentiloni si è costruita un'autonomia politica rispetto alla precedente stagione. Il fatto di avere il sostengo del PD e di coloro che ne sono usciti, finisce paradossalmente per renderlo l'unico punto di equilibrio accettabile agli uni e agli altri. Una situazione favorevole per Gentiloni, destinata a durare almeno fino a quando sarà stato celebrato il congresso del PD. Quello sarà il vero spartiacque per capire l'orizzonte politico dell'esecutivo, perché una nuova, possibile sconfitta di Renzi e la vittoria, magari, di Andrea Orlando metterebbe il governo definitivamente al riparo da ogni insidia.
     Rimane poi da capire come in questo quadro possa muoversi il centrodestra paralizzato dalla prova di forza ingaggiata da Salvini con Berlusconi. Intanto, marciano ancora divisi sulla mozione di sfiducia al ministro Lotti. Sulla sua bussola, Gentiloni sa di trovare una buona rotta in Europa potendo contare sul presidente del Parlamento europeo. Quell'Antonio Tajani, berlusconiano doc, impegnato a Strasburgo e nelle sedi che contano a sostenere una linea agli antipodi delle forze politiche con cui Berlusconi dovrebbe allearsi. È un ulteriore elemento di forza per il governo.  
        

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