mercoledì 16 settembre 2015

RENZI NON PUÒ ACCETTARE MEDIAZIONI, MA LE RIFORME ANDRANNO IN PORTO


di Massimo Colaiacomo

     Fanno demagogia spicciola quanti rimproverano a Renzi di volere una prova di forza sulla riforma del Senato e di cercare "sulla pelle" degli italiani di risolvere la partita dentro il PD. Il premier agisce come è costretto ad agire dopo un anno e mezzo di discussioni e due votazioni parlamentari che hanno approvato, con una maggioranza molto ampia, le norme oggi contestate dagli stessi che le avevano votate.
     Renzi risponde con un atto di imperio, certo, e con una prova di forza a quelli del suo partito che hanno cercato di impaludare le riforme, e l'esecutivo la cui vita è ad esse legate, con stratagemmi e trabocchetti parlamentari. È nella logica di ogni democrazia: tu cerchi di sgambettarmi, io cerco di renderti la pariglia; tu mi sfidi in Commissione, io cambio campo di gioco e ti porto in Aula dove ognuno, a voto palese, dovrà assumersi le proprie responsabilità di fronte al Paese.
     Sia chiaro: la logica dello scontro risponde ai comportamenti tipici della lotta politica, e l'analisi qui fatta esula dal merito delle riforme. Si vuole dire in buona sostanza che se il premier ha cercato la prova di forza, i suoi oppositori interni lo hanno in qualche modo assecondato abbracciando la logica degli spaccacapello. Qualcuno cita un sondaggio surreale da cui risulta che il 73% degli italiani è favorevole all'elezione diretta dei senatori. Surreale e comico perché si sta parlando del 73% del 54% degli elettori che si sono recati alle urne. Come dire che il 35% degli italiani, a voler essere ottimisti, è desideroso di scegliersi i senatori se e quando decideranno di tornare alle urne.
     È evidente che il premier ha partita facile contro argomentazioni tanto fantasiose quanto arzigogolate. Coloro che paventano i rischi di regime, potrebbero tutt'al più notare una continuità fra il sistema elettorale dell'Italicum e il suo malfamato predecessore, il Porcellum. Coloro, invece, che temono interferenze e corto circuiti fra meccanismo elettorale e riforma costituzionale del Senato prendono lucciole per lanterne: la Camera elettiva rimane tale, con i deputati nominati dai segretari di partito, mentre i 95 senatori conservano il diritto di voto per l'elezione del presidente della Repubblica.
     Se proprio si vuole gridare al regime, allora si può trovare un argomento più valido: il regime, quello partitocratico, esiste in Italia da almeno 60 anni. Con le riforme di questi mesi, la partitocrazia sarà meno consociativa e i partiti di opposizione, per dire, non potranno più essere un simulacro di opposizione, ma dovranno farla davvero e in modo pungente, con argomenti e programmi seri per vincere alla prima occasione. Per dirla tutta, Forza Italia dovrà decidersi, con l'Italicum, se potrà continuare a essere un movimento politico che esprime una cultura di governo meno abborracciata e improvvisata di quella espressa in questi venti anni, o se deciderà di finire i suoi giorni al traino di Matteo Salvini, cioè di "un perdente di successo". L'unica speranza che hanno i moderati in Italia è che la sconfitta del centrodestra alle prossime politiche lascerà un cratere nel quadro politico. E chi avesse voglia, forza e lungimiranza politica potrà davvero costruire qualcosa di utile per l'Italia.
     Per tutte queste ragioni Renzi ha poco da temere dal voto in Aula al Senato. Gli annunci di battaglia seguiti dai rulli di tamburi sono soltanto il preludio alle trombette e ai festoni di un voto che sarà positivo per le riforme e sarà, invece, il rintocco funebre per tutti coloro che hanno lavorato per 18 mesi a sabotare. Quanto a Forza Italia, bisogna pensare e agire come San Tommaso: vedere per credere. Qualcuno riesce a immaginare Berlusconi che dà ordini di votare contro le riforme per far cadere Renzi e infilarsi nel tunnel del voto anticipato? Berlusconi per primo trema alla sola idea. Le riforme andranno in porto, ma non per l'aiuto che verrà da Berlusconi, come molti temono, ma per l'impotenza politica di Forza Italia priva come è da lungo tempo di un qualsiasi canovaccio politico. 

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