martedì 1 settembre 2015

RENZI NON CAMBIERÀ LE RIFORME, NEL CENTRODESTRA È NOTTE FONDA


di Massimo Colaiacomo


     Era già noto, ma fa sempre un certo effetto leggere le cronache sui giornali di stamane e trovare la conferma che Silvio Berlusconi rimane il più politicista dei nostri politici. Riuniti in Sardegna i vertici di Forza Italia, a loro Berlusconi ha rivolto un discorso che suona pressappoco così: nessun appoggio a Renzi se non accetta di cambiare l'Italicum e di tornare al Senato elettivo; i voti di Forza Italia sono indispensabili perché il governo naviga fra gli scogli di un'immigrazione incontrollata e di una ripresa sempre in fondo al tunnel. Oltretutto, considera Berlusconi, il prossimo anno ci sono le amministrative e Forza Italia non ha interesse a presentarsi nella posizione di chi ha sostenuto un governo di sinistra. Per concludere con l'invito ai suoi di usare modi meno accomodanti con Salvini al quale si deve invece contendere il terreno elettorale palmo a palmo.
     Se è questa la strategia nell'animo di Berlusconi, Renzi ha di che dormire tranquillo. Come osservavo lo scorso 12 agosto ("Se Renzi cambia le riforme perde il governo e non avrà le urne"), il premier ha davanti a se una rotta obbligata: deviare anche solo di un millimetro, significherebbe per lui inoltrarsi in una foresta parlamentare in cui finirebbe per perdersi nel tira-e-molla fra la minoranza Pd e le opposizioni di centrodestra. Per non dire dell'interesse di Renzi, speculare a quello di Berlusconi, di affrontare le prossime amministrative avendo tenuto il PD a distanza di sicurezza da Forza Italia.
     Qui non si vuole tacere delle difficoltà, enormi, che Renzi si trova già adesso ad affrontare. Si vuole piuttosto richiamare il fatto che le stesse difficoltà di strategia, ancora più grandi, le incontra Berlusconi. Il suo partito è ridotto al lumicino e deve sciogliere una matassa politica che più ingarbugliata non può essere: deve votare contro le riforme, approvate fino all'altro ieri; rinsaldare un'alleanza con la Lega di Salvini, dal quale riceve un trattamento quotidiano a metà strada fra l'insolenza e la derisione; in queste condizioni, dovrebbe poi ritrovare il voto moderato contro il quale Salvini tiene aperto un fuoco di sbarramento senza sosta. Anche il Berlusconi smagliante di qualche anno fa sarebbe stato in difficoltà a trovare la "quadra": ogni paragone con il Berlusconi di oggi sarebbe impietoso.
     Renzi, sotto questo aspetto, ha molti meno problemi di strategia. Una volta messo in cascina il fieno dei verdiniani,  la sua guerra con la minoranza interna del PD non è insostenibile. Renzi li sfida sapendo di poter scaricare su di loro, e non sulle opposizioni di destra che fanno il loro mestiere, l'eventuale insuccesso delle riforme. Al netto della "vecchia guardia", cioè dei Bersani e dei D'Alema, chi dei quarantenni nel PD se la sentirà di affrontare una battaglia in campo aperto contro l'unico leader che la sinistra è riuscita a mettere in campo, sapendo, in caso di sconfitta, di pregiudicare così la propria carriera politica? In politica le battaglie si affrontano non per portare una testimonianza, ma per vincerle e cambiare il corso degli eventi o delle cose: una battaglia persa, invece, cambierà soltanto il corso della vita di chi l'ha combattuta.
     Se un errore si può imputare a Renzi è di amplificare oltre misura i pochi dati sull'economia. Quelli odierni dell'ISTAT sull'occupazione sono oggettivamente in chiaroscuro, dicono le cose negative in via di attenuazione (la crescita della disoccupazione e degli inattivi) ma è più che flebile il risvolto positivo dell'occupazione cresciuta mese su mese. Ha ragione Squinzi ad invitare alla prudenza in attesa di vedere una sequenza lunga di mesi con dati positivi in termini di crescita dell'occupazione e di prodotto. Su questo versante, per esempio, Forza Italia continua ad affidarsi alle note, a dir vero patetiche, di Renato Brunetta, esperto cercatore di peli nell'uovo, invece di battere sulla pochezza della crescita e sul mancato taglio della spesa pubblica. Anche su quest'ultimo tema, vero cavallo di battaglia di un centrodestra che fosse davvero europeo, liberale e conservatore, Renzi può dormire sonni tranquilli. Nessuno mai, da destra, gli rinfaccerà di non aver agito sulla spesa pubblica per rilanciare la crescita. Fra ex socialisti e neo-populisti, il centrodestra italiano è davvero una presenza residuale.        
     
     

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